Prefazione

Fin dai tempi del suo primo libro di Poesia, Passione della memoria, risalente al 1982, Domenico Parigini ha messo in campo un verseggiare inquieto e indagatore, arroncigliato su tematiche politiche, civili ed esistenziali, con un intento di indagine delle verità profonde e in qualche modo anche di svolgere la nobile missione d’antan del poeta demiurgo, che generosamente si spende per fare ordine nel caos delle forze sociali in competizione, con l’obbiettivo di indicare un orizzonte di speranza e di civiltà capace di armonizzare fra loro le distonie e le lotte fra le classi sociali. Nel consumo degli anni e delle pagine dei libri, voracemente divorati e poi classificati nella sua professione di bibliotecario che fu la stessa di Jorge Luis Borges – massimo poeta del Novecento – Domenico Parigini si è ammorbidito come accade ai trucioli di cui parla Camillo Sbarbaro, ma è rimasto fedele a quel cuore di ciottolo del succitato Poeta dei licheni: un DNA inconfutabile di sognatore e cantastorie, che vive profondamente radicato nel suo ambiente e nella realtà delle circostanze attuali, ma che non smette di intonare un canto libero e rivolto ai sogni di chi si merita “un’altra vita, giusta e libera se vuoi, corri amore, non avere paura”, come canta Antonello Venditti in Sotto il segno dei pesci.
In questo vasto oceano che si estende, da un lato, tra il sogno fantastico ed erudito coltivato da Borges e consistente in una nozione utopica della vita, dall’altro lato, che rimane fermo alla dimensione del cantautore, graffiante, rivendicativa, ma superficiale, perché facilmente orecchiabile: si estende il profondo mare di Domenico Parigini. Le tematiche sono incentrate sull’amore, quello giusto e quello guasto. Il primo, quello giusto, è idealizzato nel sogno; il secondo, quello sbagliato, è corroso dal vizio della prostituzione e dello sfruttamento della donna, senza mai pronunciare delle sentenze moralistiche. Grande importanza assume la tematica della giustizia, con ritorni insistenti sull’impegno di costruire una società in cui trionfino i criteri di uguaglianza e verità. Ulteriore tematica è rivolta alla libertà, che diviene una sicura bandiera del mondo di Parigini, quasi un inno identificativo della sua poetica. Particolare attenzione, inoltre, va rivolta, alla tematica del tempo che scorre e scivola via, sovente rappresentato dal movimento delle foglie, che sono una delle metafore più ricorrenti nella sua poesia, e che rappresentano l’alternarsi delle infiorescenze e degli appassimenti, quel disperdersi e quel ritrovarsi, a tal punto riproposto dall’Autore da divenire un Leitmotiv, come lo abbiamo visto divenire nella poetica di Mario Luzi. Un’ulteriore componente suggestiva della poesia di Parigini consiste nella tematica surrealista del sogno, della fantasia, del viaggio oltre la dimensione ri­stretta del reale, in un libero scatenarsi delle ipotesi della mente, per metà attività ludiche e per l’altra metà drammatiche avvisaglie di pericoli o di inganni incombenti.
Il verseggiare è intonato alla melodica del cantastorie, per cui il discorso poetico è arieggiato e cadenzato da rime im­provvise, soluzioni ecolaliche, anafore, assonanze, che at­traggono l’attenzione del lettore con brevi sentenze proverbiali, abbozzi di aforismi, esclamazioni, rotture del linguaggio, divagazioni e ritorni, in modo da creare nel testo un’atmosfera di discorso magico, un po’ sopra le righe, tale da ri­chiedere la fantasia del lettore, che è chiamato a interpretare a suo modo e a muoversi a sua volta liberamente in tali espressioni di canto libero.
Una mozione particolare, nella poetica di Parigini, è dedicata al confronto generazionale, sia proteso verso l’ultima generazione dei giovani e giovanissimi, destinati a ricevere il mondo in eredità, sia risalente all’indietro, alla ricerca dei genitori e degli antenati prossimi da cui il Poeta a sua volta ha ricevuto in eredità il mondo in cui ha vissuto le tre stagioni dell’adolescenza, della gioventù e della maturità, con riflessioni e con confronti, tracciati tra il bene e il male, che non sempre si concludono in un inno votato a celebrare il progresso, ma talvolta si colorano di nostalgia per il passato o addirittura assumono l’amara piega ironica temprata da Giacomo Leopardi riguardante le “magnifiche sorti progressive” che toccheranno in sorte allo sfortunato uomo di domani.
Tuttavia, è nella formulazione del sogno che Domenico Parigini realizza il meglio della sua opera poetica: un sogno sempre ricco di fantasia e affascinante per le attese di libertà e di colorati rapporti con il mondo. È il sogno di un Poeta il cui pensiero non è mai costretto solo all’interno delle anguste stanze dell’abitudine.

Sandro Gros-Pietro

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