Prefazione

A Pavullo nel Frignano, nel maggio del 2005, si tenne un simposio di arte e poesia nelle Gallerie del Palazzo Ducale. Il convegno, denominato Il bosco sillabico, come sovente accade, riuniva insieme artisti e poeti. Il numero doppio 31/32 della rivista Vernice, uscito a luglio del 2005 dedicò un servizio al convegno, con particolare riguardo alle poetiche elaborate nel corso degli interventi. In particolare Sandro Gros-Pietro in comunione con gli scrittori Giovanni Chiellino, Liana de Luca e Davide Puccini lanciò il manifesto della Geoepica come poesia che assume per protagonista del canto poetico la creazione della natura e il rapporto intercorrente tra l’uomo e l’ambiente naturale osservato nella temperie dei secoli, dalla creazione al futuro indeterminato dell’universo. A circa quindici an­ni di distanza, a riprova di quanto fosse corretta l’an­ticipazione delle tematiche della Geoepica, esce questo bel libro di Lella Buzzacchi, A chiare lettere, che ri­prende la poetica del canto della natura come questione fondante della Poesia.
Il libro di Lella Buzzacchi, come denuncia il ti­tolo stesso, espone in modo semplice e diretto la poetica dello stupore, meraviglia, incantamento, ma an­che del rapporto di difesa, di dipendenza e di valorizzazione che l’umanità sempre più sente di dovere esprimere nei confronti della Natura, per la sua meravigliosa azione di creazione continua e indefinita di luce, di colori, di suoni e di ogni altra sorta di malìe e di fascini. Ciò che trionfa nello spettacolo della natura è l’armonia con cui è organizzata in forma di fantasiosa orchestra l’intera creazione, esattamente come l’im­maginò Walt Disney nel suo capolavoro Fantasia. Al riguardo scrive la Poetessa in Direzione d’orchestra, “C’è un ordine in natura / non una dittatura / più una direzione d’orchestra / un coro // che al comando attacca / – tutte le gemme insieme / le uova i becchi / le onde come le maree –”. Con l’intonazione che risale al Cantico delle creature, la Poetessa pronuncia il Ringraziamento per i doni ricevuti dalla creazione, “per la neve a gennaio / il mio cane che vi salta / per il silenzio del bosco / che pare addormentato / per la notte stellata / il gelo fuori, dentro il tepore / per la tavola imbandita”. La bellezza incantatrice del creato appare anche come un enigma irrisolvibile al punto da farci vivere “nel giardino del mistero”, come leggiamo nella poesia Acero uccello e pietra, dialogo rivolto a un immaginario interlocutore che si colloca in una sorta di sopra-realtà, “Io, vedi / non so chi siamo / mi confondo e amo / la bestia come il grano / nel giardino mistero / che abitiamo”. Già da queste poche citazioni è possibile derivare l’impegno della Poetessa nel selezionare un linguaggio tanto umile quanto efficace, al­l’insegna di una Poesia che privilegi il contenuto del messaggio sul rilucere degli ottoni e del princisbecco tipico degli ornamenti letterari: il discorso poetico de­ve essere sempre esposto a chiare lettere, ovvero, per dirla con l’espressione usata da Umberto Saba, si deve proporre solo una poesia onesta. Ovviamente, la creazione non si limita alla “feroce aiuola” – che è la me­tafora con cui Dante chiama il pianeta Terra, reso feroce dalla presenza umana, che ha inventato il peccato, prima non esistente in natura – ma si estende nella sconfinata compagine degli innumerevoli mondi esistenti nell’universo, come la Poetessa espone in Fratello, poesia astrale e fantascientifica, “Fratello ignoto / di altre galassie / noi qui si gira / in un sistema provinciale / dove c’è chi sostiene / che non vi è vita altrove”. Così, viene nuovamente attribuito a Il Poeta il fuoco prometeico del progresso e della ricerca della verità, per liberarsi dal giogo oppressivo dell’ignoranza e della mancanza di informazione, che rende schiavi gli uomini: il poeta è come Davide che uccide Golia e libera il popolo dal giogo dei filistei, “Davide oppone / unico rimasto / del popolo dei sì / la sua parola fionda / a colpire dritto / nel grande occhio vuoto”.
La concezione del mondo in Lella Buzzacchi si ispira al panismo di ispirazione dannunziana, come si può intuire dalla poesia Credo, capace di sviluppare una sorta di fede nel Dio Natura, “Credo nel Dio Na­tu­ra / che concepisce, spintona / e fiorisce; ancora. / Cre­do” e poco dopo, nella poesia Mano divina?, leggiamo l’indicazione delle energie vitali “Un premere e scoppiare / in miriadi di spore / un suggere dell’ape / a perpetuare la vita / in ogni filo d’erba”. Nella forza di­rompente di questa energia vitale, si individua un orientamento direzionato, preciso, armonico e vincente, che si chiama amore, come leggiamo in Tu, l’amore e Dio, “Ma chi sei Tu / che mi fai battere forte il cuore / che chiamo sempre Amore? // Sei chi ho la­sciato / sei chi ho perduto / chi non ho mai amato? // o forse chi ho creduto / quello ideale, quello vero / quello per sempre?” ed è un amore che assume le diverse forme, almeno in parte con un ritorno a Francesco e al già citato Cantico delle creature, per gli animali in genere, in particolare per gli uccelli simbolo di libertà, per le arvicole operose, per i conigli inoffensivi, anche per i pesci, i labridi multicolori, ma anche per gli uomini, non indifferenti al fascino di richiamo dei sensi e ai contenuti profondi degli affetti, per cui c’è amore meditato e profondo verso l’unica madre. L’amore quasi necessariamente richiama alla mente e al cuore anche il sentimento della carità, come trasporto a compartecipare alla vita del prossimo come se fosse la propria e a soccorrere i più deboli. Nella quinta sezione del libro, denominata Naufragi, troviamo l’omaggio reso al bimbo siriano Aylan Kurdi ritrovato esanime sul bagnasciuga di una spiaggia, dopo il naufragio del gommone su cui si era imbarcato con la famiglia per sfuggire alle zone di guerra contese tra l’ISIS e la Siria. L’immagine della povera vittima in­fantile è assurta a simbolo nel mondo di qualcosa mol­to più grande di lui, consistente nel terribile contrasto tra la ricchezza e la povertà, gli agi e la dannazione, la libertà e l’oppressione, la difesa della vita e lo sfruttamento dei più deboli.
Ritroviamo ancora delle poesie intonate alla rinnovata gioia di essere al mondo, opportunamente ri­vis­suta nell’età matura, quando l’affanno delle incombenze giornaliere si è un poco diradato, motivo per cui la Poetessa sperimenta il gusto di godere di ogni ora del giorno e della notte, quale che sia la stagione e il cli­ma, come leggiamo nel testo di Esserci, poesia intonata alla contemplazione del mondo, a essere più spettatrice che osserva, che non attrice che agisce, “Sto a guardare / la gente dal di fuori / facendo già / esercizi di distacco / (mi è tenera questa umanità / con sentimenti noti e uguali amori) // basta che sia / che ci sia anch’io / con occhi ancora / per guardare il nuovo”. Il cuore, la mente e gli occhi della Poetessa si riempiono di visioni di speranza e di armonia per il Futuro, come leggiamo nella poesia eponima, in cui risuona la musica celestiale delle arpe agitate dal vento, “Futuro è questione / di semi, di piume, di neve / che possano aprirsi / volare, sciogliersi al sole / […] / dove arpe eoliche / dispensino energia / e per le vie / musiche – sfreccino / lasciando scie / di verde profumato”.
La conclusione pare quasi volere richiamare l’esortazione a riflettere sulla morte anche quando si è nel pieno della vita in modo da raccogliere l’invito del Vangelo di Matteo, Estote parati, cioè “siate pronti” che è anche il motto scelto da Lord Baden Powell per farne la bandiera dei Giovani Scout, invitandoli ad es­sere sempre pronti nella vita a fare ciò che va fatto, fi­no in fondo all’avventura, come si legge in Ella mi cammina accanto, che ci suggerisce l’immagine della morte, quotidiana compagna e testimone di ogni cosa che facciamo: “Ella mi cammina accanto / paziente e inanimata / della vittoria certa / per gli infallibili trionfi”.
L’autentico trionfo di Lella Buzzacchi è l’inno elevato alla vita come dono inestimabile della creazione, cantato a chiare lettere nelle otto sezioni del libro che sa affascinare il lettore per la luce immediata e co­lorita del linguaggio poetico, così armonioso e ricco di echi, con assonanze, armonie, distacchi e distonie, sempre capaci di sorprendere e incuriosire anche il lettore più esigente.

Sandro Gros-Pietro

Anno Edizione

Autore

Collana

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “A chiare lettere”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati