PREFAZIONE

Il poeta è un viaggiatore: esplora il mondo, lo osserva, vi penetra in profondità. Riflette su ciò che vede, cerca significati, connessioni, rimandi. Nulla gli sfugge; ha occhi, e cuore, per ogni forma di vita, per ogni espressione della natura, dell’uomo, della società. Si sofferma a contemplare i fili d’er­ba, coglie l’armonia in un paesaggio avvolto dalla neb­bia… guarda oltre, sotto la scorza, scopre verità nascoste.
Nemmeno sfugge a se stesso: passo dopo passo impara a guardarsi dentro, a conoscersi, a trovare risposte.
Il viaggio più importante, sembra dirci l’autrice, è quello che compiamo all’interno di noi stessi.
Ma dobbiamo avere lo sguardo attento, la curiosità au­tentica, la mente lucida del vero viaggiatore.
In questa raccolta di poesie e brevi racconti sono affrontate tematiche importanti (la condizione femminile, i problemi del nostro paese, la mafia, l’handicap), trattate con quel tocco di leggerezza e di ironia che contraddistingue lo stile della nostra autrice. Così, il mafioso nel suo bunker non è che “un misero ratto”, anche se “la sua tana è una sala comando”. Il politico che si trova “all’angolo”, ma non lo vuole riconoscere, è il comandante di una nave lasciata in balìa delle onde con tutto il suo equipaggio, che a buon diritto può affermare “Nuie stamme ’nguaiate, dicimancello!”
Gli spunti sono tratti dalla realtà sociale, dai grandi, a volte gravi, eventi, ma anche dalla quotidianità, dai sentimenti, dalle emozioni che muovono ogni giorno tutti noi. Accanto all’indignazione, alla rabbia, c’è sempre la speranza, c’è la fiducia nel domani. Anche le difficoltà possono essere occasione di arricchimento, la bellezza e la bontà talvolta sono nascoste e vanno cercate con attenzione; allora, il ragazzino dislessico è “una stella nascosta”, il bambino che ha sete di sapere deve essere incoraggiato e seguito con sapienza e amore perché non perda mai la curiosità, il bisogno di fare domande.
E poi ci sono i ricordi, di persone care, come la “non­na antica”, così difficile da conquistare, e di momenti lontani, che rivivono in queste pagine con una ritrovata freschezza. Il poeta ci accompagna in un viaggio nello spazio e nel tempo; un viaggio che si compie fuori e dentro di noi. Ci guida infine nel ritorno a casa, alle nostre origini, “un po’ più saggi – forse – un po’ più esperti”. Lo fa con alcuni testi in dialetto napoletano, la sua lingua madre, per ricordarci l’importanza delle radici, ma anche la bellezza, la ricchezza delle diversità. Perché, come dice il poeta africano Leopold Senghor, “… la vera cultura è mettere radici e sradicarsi. Mettere radici nel più profondo della terra natìa, nella sua eredità spirituale. Ma anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia e al sole, ai fecondi apporti delle civiltà straniere”.

Buon viaggio!

Domenica Vacchino

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