PREFAZIONE

Un versante relativamente nuovo e del tutto inedito della poesia contemporanea è quello della Poesia d’epoca, se così possiamo battezzarla. Si tratta, infatti, di trovare una nuova didascalia per contrassegnare questa diffusa e impegnativa attività di scrittura poetica, che richiede una pazienza certosina di documentazione, uno studio approfondito delle forme, molta creatività e anche una buona dose di consapevole sapienza umanistica, quest’ultima essendo l’ingrediente più difficile da mettere in campo. È qualcosa di totalmente diverso dal collezionismo ovvero dal plagio. Infatti, non si tratta di collezionare poesie del passato cadute nel dimenticatoio e neppure di imitare pedissequamente soluzione dei classici fasti letterari. Ma si tratta, invece, di ripristinare l’uso del linguaggio poetico d’antan per impiegarlo nella vita quotidiana di oggi. Per intenderci, si propone un paragone – non autorevole, ma semplicemente fantasioso – con gli appassionati delle Auto d’e­poca. Essi ripristinano alla perfezione, con grande dispendio di energie e di fantasia, una vettura costruita forse un secolo fa o prima ancora, la rimettono sulle strade del­la quotidianità di oggi e la fanno marciare con estremo diletto per tutti, in una cornice di festosa spettacolarità. Possiamo facilmente immaginare l’eco di interesse ovvero di semplice curiosità che si creerebbe in tutto il mondo se oggi venisse di nuovo organizzata una sorta di gara Pechino-Parigi, da percorrere con auto, ormai quasi introvabili e comunque di incommensurabile valore museale, come quelle cinque vetture che corsero la distanza tra le due capitali sulle strade sterrate del 1907. Immaginiamo ora che, al posto di ripristinare una vettura adoperata oltre un secolo fa, si ripristini con assoluta fedeltà un linguaggio poetico, nelle forme, nei modi, nei vocaboli ormai perduti nella notte dei tempi, ma una volta di corrente impiego poetico. Ed immaginiamo ora che con un simile linguaggio si descriva il mondo della contemporaneità: sarebbe come vedere correre sulla modernissima autostrada Torino-Milano il com­positore Giacomo Puccini sulla sua De Dion-Buton 5 Cv, alla straordinaria velocità di quasi quaranta chilometri all’ora, come egli faceva nel lontano 1902, sulle strade sterrate (e finì anche fuori strada, si ruppe un femore e rimase quasi avvelenato dai gas di scarico della vettura il cui motore continuò a girare, finché non arrivarono i soccorsi a salvarlo).

Questa lunga premessa serve per dare importanza di riconoscimento e di autorevolezza allo stupendo lavoro fatto da Paolo Malinverno, le cui poesie, a dire il vero, sono già ripetuto oggetto di premiazione e di favore critico ai concorsi letterari e hanno già trovato collocazione in repertori antologici di eccellente autorevolezza. Potremmo anche parlare di Poetry vintage, per distinguerla dalla Slam poetry che si colloca esattamente sulla riva opposta del grande fiume in cui scorre la poesia contemporanea. Quest’ultima è anche nota come Trash poetry ovvero Trash poems, letteralmente poesia da spazzatura, costruita con materiali linguistici di bassissima qualità filologica, talvolta sincopata come un rap, talvolta contrassegnata e trapuntata con schizzi e ghirigori da writers, ma diffusissima come le ortiche, se ne trova in ogni fosso. Molto più difficile, incommensurabilmente più impegnativa, è questa Poetry vintage, che comporta una preparazione filologica di non comune diffusione. Il carattere fondamentale della Trash poetry è l’incazzatura, cioè il dileggio spregiativo con cui necessariamente deve essere concepita; il carattere fondamentale della Poetry vintage è l’armonia, cioè la sostanziale gioiosità nostalgica con cui deve essere intonata al culto della bellezza e della luminosità della vita. Proprio questo superiore fine di beltà della vita, perseguita e descritta sia nei suoi contenuti fondanti sia nelle sue ordinarie manifestazioni episodiche, è la caratteristica principale dell’intreccio poetico di Paolo Malinverno.

Paolo Malinverno ha concepito il suo libro di poesie come una guida documentata per un viaggio all’interno di un mondo nuovo da conoscere. Il mondo che andiamo a visitare, nelle pagine del libro Altre parole dalla notte, è nel contempo nuovo e fresco di scrittura, ma anche antico di almeno mezzo millennio, perché il linguaggio poetico che vi ritroviamo è, con poche nuove inclusioni di espressioni tratte dalla modernità, già presente nelle poesie rinascimentali di Michelangelo e di Vittoria Colonna, per poi passare a Tassoni e Metastasio, ad Alfieri e Foscolo, a Carducci e Pascoli e fermiamoci qui o come massimo fino a Cardarelli, ma già gli autori successivi, da Saba a Montale, potrebbero apparire al Nostro come troppo compromessi con la consunzione della lingua italiana, corrosa dall’esigenza corsara di costringere il messaggio poetico in formule criptiche e laconiche, responsabili di avere abbandonato l’ornamento del sogno poetico per sostituirvi al posto la comunicazione del messaggio razionale, con un’incrinatura del gusto che già si fa strada in Leopardi – nel figlio Giacomo, ovviamente, ma non nel padre Monaldo – e che poi diviene la regola trionfante e incontrovertibile da Guido Gozzano e dai crepuscolari, per passare ai futuristi, agli ermetici e via via, fino ai giorni nostri e al mito-modernismo, per non accennare neppure del verismo o peggio del minimalismo. L’ornamento è, dunque, la chiave del mondo fantastico e lucente di Paolo Malinverno, come accade, oltre che nei poeti già citati, in Gaspare Murtola, Giambattista Marino, Torquato Tasso, tanto per intenderci. Ma anche in un autore come Miguel de Cervantes e Calderon de La Barca o François Rabelais, per cui gli esempi che Paolo Malinverno tiene sotto gli occhi e su cui esercita il suo controllo filologico sono autori di autentici capolavori di incommensurabile grandiosità non solo stilistica e formale, ma anche creativa e contenutistica.

Il libro di Paolo Malinverno, che già nel titolo evoca il rinvenimento delle parole provenienti dal­la notte dei tempi, è scandito in cinque parti denominate capitoli, ognuna delle quali si avvale di una presentazione introduttiva dell’Autore e di un’ulteriore nota esplicativa preposta ad ogni poesia. Le scalette didascaliche preparate dal Poeta non solo si rivelano utilissime per la corretta in­terpretazione del testo, ma sono autentiche e importanti rivelazioni attinenti il carattere del lavoro fatto dallo scrittore e anche la sua indole di uomo e di pensatore. Ne viene fuori complessivamente l’immagine di un uomo che unisce la serietà, con la sensibilità, l’impegno con la fantasia, lo studio con la contemplazione, gli affetti famigliari con la dedizione di donare se stesso al prossimo: un giovane uomo di intensa umanità e grandi interessi. La poesia che Paolo Malinverno propone è un sogno di rivisitazione del nostro passato e delle nostre radici culturali, è un autentico atto di amore verso la propria Patria, intesa come lingua parlata, cassaforte delle idee, dei sentimenti e delle emozioni, scuola di gusto e di formazione mentale, orientata a perseguire e diffondere la bellezza come armonia fondante dei valori e delle scelte umane, come autentico ordine dell’intero mondo creato. Un libro bellissimo, che deve essere letto e meditato con la stessa sacralità di pazienza e di attenzione con cui l’Autore lo ha scritto.

Sandro Gros-Pietro

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