PREMESSA

Arcani di-segni, cioè tracce, segni.
Non copie ma una scrittura che, più profonda del volere, è ascolto di una sonanza. Alcune poesie sembrano accennare una poetica, ricordare tratti del romanticismo tedesco (“dicono la trasparenza / del mondo / le parole del poeta”, Evanescenti le parole) o della differenza di Heidegger, attraversata più che in Heidegger dai temi del non, dell’abisso, dell’inno della mistica e dal grido (“l’anelito di un NON / che viene dall’abisso”, Cangianti i fiori; “come mani giunte / affusate / in un profilo di preghiera / i tulipani ardenti”, Tulipani) o da un silenzio e da un’attesa che rinvia all’indicibile (Silenzi).
Ma non c’è intenzione di poetica; forse non può esserci veramente se si fa questione di ascolto e di tracce: cifre di… come in Novalis o nella metafisica esistenzialistica di Jaspers, talvolta però, più radicalmente, già sempre una non-presenza (“tracce di un’assenza – assenza di tracce”, Calligrafici segni). Come neppure c’era una poetica nella raccolta precedente Anemoni bianchi, se non in una riflessione successiva, e ai limiti, rispetto alla scrittura.
C’è soltanto la poiesis, il “fare” o il “formare” nel senso di Pareyson (Estetica. Teoria della formatività), non l’esecuzione di un progetto ma la formazione di una materia, che per l’autrice è ascolto di un ritmo – nel senso di Derrida si potrebbe dire di un’iscrizione, di un’impronta già impressa – come sonanza dell’anima, “dettato” (dictée) inesprimibile del cuore. Formazione di una materia (le parole) che è insieme, nell’interpretazione più ampia e oltrepassante di Plotino, forma come traccia dell’Informe. In questo senso, forse, la materia (chora) e l’indicibile sembrano rasentarsi.
Restano percepibili sullo sfondo la musicalità del bianco, gli spazi vuoti, le pause che i versi sembrano richiedere e dai quali sembrano sgorgare. Luci ermeneutiche del divino silenzio dice Dionigi l’Areopagita, uno dei mistici più cari all’autrice.
Rispetto a Anemoni bianchi, storia concreta e insieme paradosso di un tempo senza tempo, Arcani di-segni ha qualcosa di più familiare e di più prossimo, dice gli struggimenti del cuore, nel senso del passare infinito del tempo e delle generazioni (“Giardino sfumato / di sogni / mi culla di sera / con antiche memorie / e care voci / e nuove speranze / di giovani anni”, Giardino a Pralormo), cronos che è anche kairos.

Silvia Marzano

Anno Edizione

Autore

Collana