Prefazione

Molte sono le virtù letterarie di Piera Egidi: la narrativa, la biografia, la storiografia, la memoria. Ma c’è an­che la poesia, che in qualche modo compendia, pur nella limitata quantità dei testi, tutti questi generi per suprema ed essenziale esperienza. Significativa è anche la datazione della raccolta che ora pubblica: dieci anni, tanto lunghi di eventi quanto esemplarmente ogni componimento è inciso. Due sono fondamentalmente i punti di riferimento de­gli Archivi del cuore: la memoria famigliare e la rievocazione dell’esistenza sempre drammatica di persone conosciute con la cordialità dell’amicizia e dell’incontro veritiero. C’è un aspetto che congiunge i due discorsi poetici di Piera, ed è, ora palese, ora allusivo, la ricerca del senso di tali vicende della vita, la domanda, l’attesa di una risposta che non può venire dalla poesia soltanto, ma è rimasta al di là del tempo e della realtà dei fatti, trepidi e festosi, drammatici e appenati, commossi e problematici. Quello che sa chi scrive poesia (ma anche ogni altra forma di scrittura letteraria, di arti figurative, di musica) è una parte soltanto della verità della vita, anche se è già tanto di fronte a quel poco che comunemente si può intuire e riconoscere.
Di qui appunto la sequenza delle notizie e dei chiarimenti che Piera offre nei testi che hanno come protagonisti persone riconosciute o incontrate o con cui c’è stato un rapporto d’amicizia. Penso in particolare a un componimento bellissimo, quale è Lamento per Elodia, co­struito con estrema delicatezza e sapienza sulle me­tafore di farfalla e di volo slanciato e leggero per la scelta in­comprensibile del lanciarsi nel vuoto. La farfalla è, per l’identità del nome greco (Psyche, anima, farfalla), la presenza ancora di Elodia dopo la morte, come se po­tesse continuare a volare nel cielo e vicino all’amica che si chiede il perché di tale morte ancora lì, ma im­pos­sibilitata a spiegare e pure presente come nel tentativo di dire. È la rappresentazione di una delle più alte ra­gioni di scrittura poetica e di pensiero. Luisotta è un al­tro testo esemplare: e molto ben calcolato è l’accostamento dei due nomi così clamorosamente diversi fra raffinatezza e cordiale quotidianità popolaresca. Lo strazio del trascorrere del tempo, delle piccole ma fondamentali faccende quotidiane, è la dimostrazione profonda del tragico cristiano: e Piera Egidi sa metterlo delicatamente in rapporto con la quiete della contemplazione, la gioia di un effetto di luce, la segreta commozione dello stacco dalla città prima amata e vissuta, perché ora essa appare grigia e vana. Di uguale intensità e sereno dolore (se mi si conceda l’ossimoro) sono tessuti i testi dedicati a Frida e a Erica, e, con divertita festa, per buo­na variazione, La scuola.
L’altra sezione della raccolta poetica di Piera rappresenta la memoria famigliare, il padre e la madre, in­sieme con qualche frammento dell’infanzia e della giovinezza fino a qualche più adulta ventura di una libreria, di una città lontana come Napoli, di un indugio di visioni di nuvole e di tetti. Del passato più difficile che è quello dei cari scomparsi tuttavia presenti come un dubbio o un’ansia o un rimpianto o una ricostruzione dell’anima, soltanto la poesia è in grado di offrire la durata al di là della morte insieme con la spiegazione del valore dei loro comportamenti, delle loro idee, del loro modo di manifestare l’affetto e di esprimerlo anche fuori, nel mondo, oltre le parvenze del costume, dei doveri, del carattere. Piera sa rilevare la verità delle anime, senza patetico e senza nostalgia: anche della propria come specie di esa­me di coscienza. Al contrario dei componimenti che af­frontano la tragicità della vita, la sezione famigliare della raccolta si svolge con serena pace che il ritmo del verso e la sensibile lucidità delle immagini e delle rievocazioni rendono indimenticabile. La poesia è sempre messaggio, rivelazione, lezione, meditazione, altrimenti è inutile (e quella minimale, tanto ora di moda, tale infatti è, perché è senza senso dire quello che già si sa). La raccolta di Piera Egidi è, invece, la dimostrazione che la parola è necessaria tuttora, a malgrado di tanta vanità e inganno.

Giorgio Bárberi Squarotti

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