Presentazione

Asimmetrie è il secondo volume di poesie di Mario Dino, ottantatré poesie composte nell’arco di cinquant’anni (1966-2015), in cui il poeta approfondisce i temi già presenti nel precedente volume Acrobata. Asimmetrie, infatti, è un viaggio nel tempo in­teriore e nel tempo storico dell’autore, in un eterno ritorno spazio-temporale, in cui ogni poesia è armonico e indispensabile presupposto delle altre. Un bro­do primordiale, come in Brhrhrhrhrhrh in cui amore, passione, miti ancestrali, visioni di oggi e di ieri, si condensano in un brivido primigenio, in cui senso e non senso s’incrociano e si abbracciano, e da cui poi, in un parto doloroso, che recide il cordone ombelicale fatto d’illusioni e preconcetti, di torpori e vanità, emerge, fortificato dal travaglio, il figlio-disegno del­la libera coscienza, volontà assoluta di libera co­no­scenza, come erompe con forza in Coscienza fuori.
Questo figlio-disegno lo vediamo crescere e nu­trirsi delle radici forti e vigorose della Sicilia, dea commista di forza e tenerezza, celebrata nell’inno d’amore struggente e commovente Trinacria, sempre presente in ogni fibra dell’opera, che diventa una nuova Odissea. Nuovo Ulisse, parte dalla terra natia, migrante che ripercorre il percorso di altri migranti, e abbraccia con cuore di fratello i nuovi migranti che arrivano. Guerriero contro l’ingiustizia e l’alienazione in 68, giudice spietato del terrorismo velleitario e assassino, non difensore ma primo traditore del po­polo in Dialogo, non cade nella trappola del reducismo nostalgico, ma con versi affilati come bisturi, squarcia il bubbone infetto di droghe svianti, moralismo d’accatto, amore snaturato, politica compravendita, inoculando anticorpi di coraggio e umanità, nel­le vene esangui degli assuefatti al consueto, come in Sono indignato.
In Grhrhrhrhrhrhrh, cantore irato, rivendica la libertà di forgiare il proprio destino, contrapposta al­la passività obnubilante inoculata da tv sedative, e il diritto-dovere del poeta, di essere vate suscitatore dei de­stini altrui. Accusatore dell’insensatezza della guerra fratricida, contrappone alle armi versi laceranti lo scudo di odio che imprigiona il cuore dei soldati per risvegliarne l’umanità incatenata in Fermati guerriero.
Mario Dino in Asimmetrie, ha raffinato ed evoluto ulteriormente il proprio stile poetico in cui, in una sintesi perfetta, si fondono la maieutica di Socrate, lo spirito dionisiaco di Nietzsche, la solidarietà e l’apertura verso l’altro da sé dei vangeli.
La scrittura essenziale, sintetica, mai superflua, riesce a illuminare il nucleo sostanziale di avvenimenti, sentimenti, persone, luoghi, senza cadere nella trappola di manierismi sterili e artificiosi. Poe­ta-filosofo non si erge ma s’immerge nell’anima del popolo, riportandone alla superficie le perle più bel­le, rimosse dalle sirene artificiali del consumismo e del frastuono mediatico assordante.

Claudio Ozella
Giornalista de Il nostro tempo

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1 recensioni per Asimmetrie

  1. Antonella Colucci

    L’11 aprile ho assistito, con un gruppo di amici, alla presentazione del secondo libro di poesie “Asimmetrie”, Genesi Editrice, dell’amico e collega ( mi riferisco al Dirigente Scolastico, non al poeta!) Mario Dino. Sono intervenuti l’editore Sandro Gros Pietro, il giornalista Claudio Ozella, Pompeo Vagliani, Direttore della Fondazione Tancredi di Barolo, la poetessa Angela Donna. Tra il pubblico la poetessa Liana De Luca. L’Editore ha sottolineato come la poesia di Dino rappresenti una sorta di biografia impropria in cui nell’io-poeta convivono l’uomo, il Direttore Didattico ed il pedagogo. Ma il filo conduttore che unisce tutte le poesie è “la gioia di vivere”, l’invito a rimboccarsi le maniche per tuffarsi nella grande avventura della vita. Per introdurre Claudio Ozella, giornalista de “ Il Nostro Tempo “, l’attrice Fiorella Ceccato ha letto alcuni versi da “Fermati guerriero”, ”Sono indignato”, “Ghrhrhr” e “ Ritorno a Socrate”. Ozella ha messo in evidenza l’impegno civile in cui si esprimono, in una sintesi perfetta, lo spirito dionisiaco di Nietzsche, la maieutica di Socrate e la solidarietà verso gli altri dei Vangeli. Pompeo Vagliani, grande estimatore ed amico carissimo di Mario, ha richiamato altri temi della sua poesia, soprattutto gli ideali del 68, lo spirito indomito e di ribellione, la voglia di cambiare la società, i legami con la terra natia. Il suo intervento è stato annunciato dalla lettura dei testi “68”, “Esistenza” e “Consapevolezza”. Nel suo intervento Vagliani ha richiamato, inoltre, i testi Scampoli”, “Che dire” “Orditi di ricordi”, Dialogo”, “Canzone”, “La politica nelle italiche lande”, “Cuore recalcitrante”, “Ninfuzza”, “U sceccu du zzu Minicu”, “Dda vasata”. Interessante e coinvolgente la presentazione di Angela Donna, un tempo insegnante nella prima scuola diretta da Mario. Per introdurla sono state lette “Spazio tempo” “Sonno” “Spietatamente” “Riverbero di luce” “ Buffone”. Il suo intervento, molto sentito, ha galvanizzato l’attenzione del pubblico. Ha messo in luce, ribadendone la valenza poetica, gli aspetti più insoliti della poesia di Mario: l’amore per la natura, descritta soprattutto nell’esplosione della fioritura primaverile, l’amore verso la vita, l’amore per l’amore. Angela ha rinvenuto nei suoi versi una vera e propria “danza dei fiori”, intesa come danza alla speranza, come ci dirà poi l’Autore. Ha citato meticolosamente tutti i nomi dei fiori (ciclamini, gerani, zagara, ginestra, rose…..) e le relative pagine in cui sono riportati. A chiusura, l’Autore ha letto ”U sceccu du zzu Minicu” e “Dda vasata”, di non facile comprensione, ma suscitando grande partecipazione e curiosità. I testi in dialetto, a mio parere, rivelano uno spirito scanzonato, ma autentico e appassionato, ed esprimono tutta la genuinità e la coerenza di Mario, sempre fedele a se stesso. Pur conoscendolo da quasi 25 anni, per aver lavorato insieme nello stesso Distretto Scolastico, ho scoperto, attraverso le sue poesie, nuove sfaccettature della sua personalità, ritrovandovi valori, ideali ed esperienze di vita comuni. La poesia di Mario, infatti, non è lo sfogo di un animo rinchiuso nel solipsismo, ma la biografia di un poeta – filosofo che si apre agli altri, trasmettendo sì la propria fatica esistenziale (il male di vivere, direbbe Pavese), ma anche la gioia di vivere, la solidarietà e il rispetto verso gli altri, l’amore struggente per la “vita”, l’amore per il “femminino”. E’ acclarato che la poesia non è di chi la “fa”, ma di chi la legge ed in questo senso le poesie di Mario possiamo farle proprie, perché, nella condivisione di alcuni sentimenti, ci aiutano a capire meglio i nostri stati d’animo nei molteplici eventi della vita. Personalmente (come ex ragazza degli anni 60) vi ritrovo, come diceva Vagliani, lo slancio ribelle ma non distruttivo della ”contestazione sessantottina”, la voglia di cambiare il mondo, di impegnarsi a fondo nel lavoro e nella vita civile, coltivando gli ideali della solidarietà e della condivisione. Ma vi ritrovo anche l’amore e la tenerezza espressi in varie forme: amore per la natura -mai “matrigna”, ma consolatrice ed in armonia con il poeta nel bene e nel male-, per la propria terra natia – mito della “dea-madre” -; amore che si esprime talvolta, quasi con tenerezza, richiamando i ricordi dell’infanzia e i tremori dell’adolescenza, come nei testi “Tramonto a Terrasini”, “Per asciugare l’ultima lacrima”, “Danzare”, “Carezza accennata”, “Tremori”, “Esistenza”, “Silenzio”, “Da bambino”. Altro momento, non trascurabile, della presentazione è stato caratterizzato dallo scambio culturale tra l’Autore ed il pubblico su alcuni contenuti e aspetti stilistici delle sue poesie. Alla richiesta di spiegare il frequente richiamo ai fiori, quasi sempre aggettivati, Mario ha manifestato il proprio convincimento che i fiori, come ciclicità dei fenomeni naturali, rappresentano la speranza di vita che non deve mai abbandonarci, nemmeno nella precarietà dell’esistenza. Ancora più interessante è stata la risposta fornita a chi gli ha fatto osservare la mancanza di punteggiatura nelle sue poesie. Mario, riprendendo un concetto su accennato, ha ribadito che il lettore è l’unico, vero, esclusivo proprietario della poesia. In libertà può caratterizzare il testo, secondo una sua interpretazione, arricchendone l’afflato poetico con pause e intonazioni personalizzate. Come ultima considerazione mi piace sottolineare la discontinuità fra le poesie in lingua e quelle in dialetto siciliano. L’Autore nei testi dialettali si serve della rima, dando, con questa forma, musicalità e ritmo onomatopeico, creando, quindi, una forte empatia con chi ascolta. Antonella Colucci

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