Prefazione

Teresa Capezzuto ha il dono di infondere nella poesia uno spirito partecipativo di coinvolgimento e di condivisione che pochi altri poeti riescono a sviluppare. Per lei la poesia non è la Turris Eburnea in cui racchiudersi per purgarsi dalla grossolanità e dalla violenza del mon­do, ma al contrario diviene il tappeto magico studiato appositamente per più vedere e meglio conoscere il mon­do nella sua spontanea autenticità. Il criterio dell’autentico è il fondamento tetragono su cui si poggia l’intero mondo della scrittrice. Il significato etimologico del vo­cabolo significa “fatto da sé”, da cui deriva il sostantivo “Autore”, per indicare colui che ha fatto da sé l’opera che presenta. Sta ad indicare non tanto la spontaneità e l’immediatezza, ma in­vece una certificazione d’origine, un avallo di originalità e di non manipolazione, non ca­muffamento, non truffa inerente l’opera esibita. Volgarmente si dice “pane al pane e vino al vino”, per indicare la volontà di non ingannare il nostro prossimo con mistificazioni, lusinghe, falsificazioni. Il poeta Umberto Saba la chiamava “poesia onesta”: quella che non elude la natura delle problematiche e delle emozioni umane, e non le riveste di una corazza seducente di letterarietà e di artificio.

Ciò che immediatamente viene incontro al lettore che si accosta al mondo poetico di Teresa Capezzuto è la sua marcata gioia di vivere e di fare. C’è una splendente alacrità che sprizza da ogni verso. E i versi collazionati nei te­sti ancor più che armoniosi, sono addirittura sonori e canterini, con rime e assonanze, che scintillano nel de­corso del linguaggio come ruscelli di montagna. La rima è una passione della Poetessa, che per questo verso si può accostare ai grandi poeti di tradizione popolare come Trilussa, Pascarella, Belli, Di Giacomo, ma anche Carducci o in tempi d’attualità Rodari. Talvolta la sonorità diviene quasi cantabilità e la scrittrice giunge a ripetere un intero ritornello nella stessa composizione, come ac­cade in Imperfetta. Se la poesia deve esprimere un messaggio comunicativo e partecipativo, allora che sia festosa e musicale, sembra dirci la Poetessa! Il libro si articola in tre sezioni, introdotte dalla poesia Ciao voi, e nell’epilogo. Le sezioni sono Viaggi, Suggestioni e (Dis)incanti. Andiamo à rebours e cominciamo dall’Epilogo, che contiene un’unica poesia, intitolata non a caso Insieme: essa rappresenta la ricapitolazione dell’intero dettato poetico sviluppato nell’opera, nel corso del quale sono emerse testimonianze di accadimenti tragici, disgrazie, violenze, ingiustizie. Dunque, Come reagire? sembra chiedersi la Poetessa. La risposta risiede nella fiducia, nell’alacrità e nella laboriosità di tutti, nel­l’atteggiamento di comprensione e di misericordia, ben testimoniato da Papa Francesco.

Il periplo poetico condotto nelle tre sezioni citate è molto vario e sfaccettato, come il taglio del brillante presenta spigoli e pareti piane che catturano le immagini dell’ambiente e rifrangono la luce del mondo sul lettore. Nella poesia Cacciatrici di sogni, la poetessa si paragona, per “tenacia brillante”, a Samantha Cristoforetti, astronauta fo­tografa che ha osservato ogni angolo del pianeta dall’alto della navicella spaziale. Altrettanto fa nella silloge la Poetessa, che os­serva la Terra dal volo radente di quel suo tappeto magico, che è la poesia autentica. Così troviamo un invito alla gioiosità nella poesia Sorridimi; troviamo sospiri di amore e di dolcezza in Ma che importa?, Equinozio, Innamorarsi, Tu e io, Occhi di luce (dove vado); riflessioni sul tempo in Temponauti come in To be continued; riscontriamo la caduta per i mali interiori (“treno d’illusioni / avariate, scadute”) cui alla fine si reagisce con re­silienza (“Anestetizzati, avanziamo.”), come in Crash, e il richiamo ironico a non lasciarsi dominare da superficiali pulsazioni che cinguettano intorno a noi e sugli schermi dei nostri video, alcune rappresentate in Emozioni tweet; troviamo il dialogo ispirato, familiare e quasi scherzoso con i grandi maestri dell’arte, come Leonardo e Michelangelo; troviamo il mondo che ruota attorno alla comunicazione di oggi, in Dentro la nuvola, Dammi una App e in Social (W il Web), e insieme c’è il mondo dei Talent Show, in Trampolino di lancio e in It’s a joke. Vanno tuttavia sottolineati due filoni particolarmente importanti della poesia di Teresa Capezzuto. Per primo va segnalato un certo sentimento di panismo, che porta la scrittrice a sviluppare un canto accorato e quasi estatico di ammirazione per le bellezze della natura, come si legge in Nuovo giorno, Annuncio di primavera, Eco-vento, Un fischio, all’improvviso, con momenti di nostalgia per la vita semplice, lontano dalle metropoli affollate, come è in Colli, Fabbro degli dèi, Fontana, Sicuri rintocchi, ispirate queste ultime a Bergamo Alta e ai suoi colli. Ha un particolare pregio, fra le poesie ri­conducibili all’amore per la natura, Vestito d’arte, una composizione in cui la Poetessa ha voluto esaltare l’opera di allestimento creativo fatta dall’artista Christo sul Lago d’Iseo o Sebino, in quanto fusione della bellezza della natura con la bellezza dell’arte. La seconda tematica di vasto sviluppo è quella di carattere sociologico, attinente alle problematiche dei rapporti nella dinamica dei gruppi sociali, sovente caratterizzata da tensioni competitive, da cinismo, da autentiche violenze, come si legge in Questo matrimonio non s’ha da fare, Richiedesi, I love C’era una volta, Bella favola, Spiragli di speranza, con elementi di patriottismo in Sotto ogni bandiera e con la conclusione luminosa che intona un inno alla libertà, contenuto in Avere te. So­no sempre riconducibili alla tematica sociologica le poesie che incentrano l’attenzione contro la violenza sulle donne nonché sulla pari dignità dell’amore omofilo, co­me leggiamo in Mai più paura di quel tizio! e in Persone. Va notato, come criterio generale, che Teresa Capezzuto, anche nelle poesie che trattano i problemi più cocenti e combattuti, non assume mai il cipiglio catoniano del rigido censore, magari con accenti di fu­rore zoliano, ma al contrario preferisce colpire di fioretto, con l’arma ben più sottile e tuttavia implacabile dell’ironia, come amava fare Orazio nelle sue celeberrime Satire: si ri­leggano, al riguardo, le due poesie già citate I love C’era una volta e Bella favola.

Il fascino ammaliante della poesia di Teresa Capezzuto risiede nella vastità delle tematiche affrontate e nel garbo espositivo della trattazione, che unisce la vi­vacità e l’armonia alla modernità di un linguaggio caratterizzato dall’uso sapiente del lessico italiano, in aggiunta al quale sovente si incuneano delle espressioni inglesi, a ri­prova della vocazione sovranazionale del suo discorso.

Sandro Gros-Pietro

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