Prefazione

Cancellare il Tutto non è propriamente il grido di allarme pronunciato da Edvard Munch sull’orlo dell’abisso, ma assume comunque il tono dell’accorato monito di Marilyn Bobes rivolto innanzi tutto a sé stessa, ma anche ai suoi amici artisti, principalmente scrittori, poeti, cantanti, pittori e ballerini, nonché alla compagine dei grandi lettori che si cibano di libri, pascolando tra librerie e biblioteche.

Lo scollamento che sta avvenendo e che in gran parte è già avvenuto, tra la fantasia e la realtà; la quasi totale scomparsa della metafora, con l’evanescenza del sogno e l’incartapecorita decadenza del mito: fa crollare in un abisso senza fine l’intera letteratura e massimamente la poesia, la quale rappresenta la vetta suprema del monte su cui si inerpica nel punto più alto della visione creata dalle parole. Dice la poetessa: “Quando si racconta ciò che accade / proclami la tua assoluta sfiducia / negli effetti della poesia”. La documentazione, il rapporto, l’elencazione dell’accaduto rappresenta la ricostruzione dei fatti. Tuttavia, ciò che è accaduto rappresenta solo una formula di tutto ciò che avrebbe potuto accadere, così come la vita che noi scegliamo di vivere rappresenta solo una delle infinite variabili di scelta che avremmo potuto adottare in alternativa.

Marilyn Bobes punta il dito al centro della piaga: non potrà mai esistere una letteratura che consista in una sorta di giornale di bordo dei naviganti, perché la vera letteratura – come tutte le altre arti – descrive ed esplora l’infinità di viaggi e di soluzioni che la mente umana può compiere, nella moltiplicazione indefinita delle possibilità, di cui la realtà rappresenta una parte infinitesima, nonché artisticamente irrilevante. Non stupisce che in cima alla vetta della montagna di cui si diceva, Marilyn Bobes collochi Jorge Luis Borges, il massimo scrittore del Novecento che ha restituito valore alla metafora e alla fantasia. L’espediente della fuga, dice la Bobes, è l’astuzia di chi conosce a fondo l’arte, e al riguardo cita Johann Sebastian Bach. “Uccidere Dio / mai implicò violenza. / Ma la sua mancanza duole / come la morte di un autore immaginario”.

Allora si può ritorcere l’affermazione di Friedrich Nietzsche “Dio è morto” con l’affermazione che è morta l’immaginazione dell’uomo? Infatti, se Dio è infinito, l’uomo non può comunque descriverlo, perché non è capace di descrivere l’infinito, ma solo ciò che ha finitezza, che si esprime con un calcolo, una numerazione: in una parola solo ciò che rientra nella sfera della ragione. Ma l’uomo può immaginare tranquillamente ciò che non può conoscere, quindi può anche immaginare Dio, attraverso l’arte, la letteratura, la musica, la poesia, la pittura. Però, se le arti sono ridotte alla realtà, allora, come ci ammonisce Marilyn Bobes, bisogna Cancellare il Tutto.

Sandro Gros-Pietro

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Autore

Collana

Traduttore

Angela Pansardi, Enea Biumi

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