PREFAZIONE

Sto leggendo con un amico il libro scritto da Edith e illustrato da Paola e lo trovo molto divertente oltre che profondo. Difficile scrivere un trattato di psicologia attraverso disegni e scritti umoristici. Scorriamo lungo il libro. Tutti i ritratti sono perfetti ma non c’è una spiegazione psicologica.
– Guarda che questa donna è tutta uguale a Silvia.
– È vero, dice lui, e quest’uomo non è proprio il ritratto di Roberto?
– È vero, dico io e aggiungo, ma quest’altra donna è tutto il ritratto di Cecilia.
– È vero, dice lui, somiglia proprio a Cecilia. Ma non trovi che quest’uomo sia il ritratto di Enrico?
– È vero, dico io, ma insomma siamo circondati da nevrotici e psicotici. Tutti hanno qualcosa che non va!
– Effettivamente, come li descrive bene tutti questi personaggi!
– Sono veramente comici i nevrastenici, perché non sono quel che credono di essere.
– Adesso scopriamo che tutti i nostri amici sono dei casi clinici!
– È vero.
– Il ritratto di quella lì è proprio il tuo ritratto, Lorenza. Ha tutti i tuoi difetti, ora fa la stupida, ora si crede un genio, insomma ti somiglia moltissimo.
– Forse sono proprio io!
– Nessuno è perfetto, mia cara Lorenza!

Lorenza Mazzetti

Poesia dello sguardo è questo ultimo e bellissimo libro di Edith Dzieduszycka, nel quale l’appercezione delle emozioni della poetessa è una sinergia tra la parola e l’immagine: le parole descrivono l’immagine, ma è an­che il contrario, perché l’immagine suscita le parole. Co­me accade nei valenti registi e sceneggiatori, lo sguardo diviene un tutt’uno con la parola che si sposa con la figura, tra realtà e immaginazione. Vengono in mente le raffigurazioni dei collettivi umani, sovente in costume d’epoca, di Peter Greenaway o meglio ancora i documentari scolpiti nel bianco e nero di Krzysztof Kieślowski, di cui vale la pena citare la formula esplicativa: “sono immagini che parlano e sono parole che raffigurano”.
Questo libro, “… così con due gambe”, è un tratturo attraverso il quale transitano le greggi delle parole e del­le immagini che costituiscono la memoria degli af­fetti, delle conoscenze, dei volti cari o significativi che rappresentano le sembianze dell’umanità ordinaria da conservare nella nostra mente. È un movie, un’immagine che transita, una sorta di film poetico che si sviluppa nel tempo liquido della poesia, dove il passato coincide con il presente, perché è altrettanto vivo e recente nel­l’evocazione che il poeta fa di un evento lontano, posto sullo stesso piano di un evento vicino. È una visione complessa, come fosse elaborata col teleobiettivo, che annulla le distanze, ma contemporaneamente anche realizzata con il grandangolo, che ampia il campo della visione fino a centottanta gradi, come fosse l’occhio di un pesce.
Edith Dzieduszycka realizza con sapienza una forma innovativa di poesia visiva, nella quale la parola si rende immagine descrittiva e l’immagine, realizzata da Paola Mazzetti, si rende parola poetica.

Sandro Gros-Pietro

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