PREFAZIONE

Libro visionario è questo di Giovanni Chiellino, come dettato dalla febbre del sogno che ora si sublima in contemplazione, ora si incupisce in una tragica congestione di orrori e di rovine. Il discorso poetico si svolge come progressivo avvicinamento al significato delle apparizioni, per coglierne il valore di rivelazioni, e ha, di conseguenza, un andamento ora allusivo ed evocativo, ora di incubo, ora di narrazione che segue il progresso del sogno attraverso le forme e i simboli che lo costituiscono e che si iscrivono via via nel verso, alla ricerca di un ordine, di una sistemazione, di un disegno complessivo che finisca con il raccoglierli in un messaggio comprensibile. C’è sempre, nella poesia di Chiellino, un iniziale scatto visivo, che fissa nel verso con estrema acutezza figure luoghi come apparizioni inquiete e inquietanti che si fanno spesso ossessive eppure vengono a cornporsi come le rivelazioni balenanti e ambigue delle fonti segrete della vita. Non per nulla il simbolo della conchiglia così di frequente ritorna nel libro: immagine del mare come origine della vita e della memoria che conserva come il murmuro della vita che è stata e delle esperienze che si sono compiute, individualmente e collettivamente come specie, ma anche la metafora del sesso femminile come ossessione di dolcezza e di piacere e come fonte di angoscia e di morte, forma di bellezza e allusione di mistero che affonda nelle radici dell’essere, ombra di caverna primigenia e monile che decora il sogno di spiagge e onde come raccogliendo in sé il senso profondo che esso ha di ricapitolazione ontogenetica. La violenta, assoluta visività della poesia di Chiellino non è, tuttavia, mai istantaneità, folgorazione, apparizione immediata e chiusa in sé, quanto piuttosto momento di un itinerario dello sguardo che via via scopre e accumula oggetti, figure, immagini, fino a farne le tappe di un viaggio dello sguardo e del verso fino là dove sono le Madri o il silenzio di Dio e dove, allora, si arresta la parola, non appagata, ma costretta a indicare conclusivamente il muro del non dicibile, il mistero che si concreta in un’interrogazione o in una sorta di ritorno, a metà fra l’ossessione e l’appagamento, nel ventre materno. È una poesia non facile, anche perché è nutrita di cultura esoterica, da cui trae la ricchezza dei simboli, del resto necessari per potere rendere l’oltranza splendida e angosciosa del viaggio nel sogno, compiuto da chi è teso “nelle chiuse stanze dell’ombra / cercare la porta che si apre / lo scatto di luce e vedere / l’occhio largo del serpente / l’acqua e il fuoco / il triangolo e il Cerchio / sulla curva del nulla”. La simbologia di Chiellino traduce soprattutto la ricerca in sogno delle origini primitive e prenatali, e per questo congiunge (come in questo caso) i simboli di Dio e della generazione, la figura del sesso femminile e quella del principio metafisico di tutte le cose. Ci sono, in questo ambito, testi di particolare intensità e inventività, come quello che si intitola Il grande specchio, autentico itinerario immobile del protagonista nel misterioso e oscuro mare dell’essere che è anche il luogo della nascita, l’oggetto del rapporto amoroso, esaltato e reso esemplare e universale attraverso l’insistenza simbolica, la catena di emblemi in cui si traduce la sua essenza “Tu mia onda, mio fiume, / mio profondo mare, / passo ambiguo del tortuoso andare, / stella polare per oscuro porto, / falce di luna a leggere il domani, / lume scarso per il mio cercare, / utero del mio riposo / e falsa chiave per moltiplicare, / conchiglia dove il tempo / s’annoda e non ha tempi, / fuoco per distruggere e creare: / io, tua brace viva e fredda cenere, / tua sorgente e tua foce, / a te mi piego / mio silenzio e voce”. E, nell’andamento elegantissimo, madrigalesco, un itinerario nelle figure dell’“altro” femminile come depositano delle radici assolute di tutte le cose, totalità, appunto, che è silenzio e voce e sorgente e foce. In Verso Alassio la descrizione rapida e felicissima dell’apparizione di “una bionda bellezza di bambina” vale a piegare verso la grazia dell’idillio l’alacre ansia del sogno che continuamente si ripropone con diverse immagini; ma in Scilla e Cariddi la stessa apparizione, quella della “fanciulla a seni nudi”, rivela il suo significato di profondamento nell’ultima verità misteriosa del sesso come origine, nascita, ciclo inesauribile che è miele e fiele al tempo stesso: “Sulla spiaggia fanciulla a seni nudi /porge al mare anelli di solitudine. / Voce lontana sul fuoco delle labbra, / nei capelli le dita del vento. / Madreperlacea conchiglia: / specchio opaco dove riflessa/ la vicenda umana vibra di eterno. / … / Fra nude gambe la conchiglia / versa denso miele (o fiele?), / scoperto il ventre pulsa / e il giorno già si spoglia della luce / e si abbandona all’urto della notte”. Nel tunnel, Casa d’angolo, La tua nudità sono altri testi esemplari di questa ricerca in sogno degli emblemi eterni della vita. Chiellino si avvale di un verso perfettamente ritmato, che si arricchisce d’assonanze, di echi, di misteriose allusioni attraverso il riproporsi di simboli che gli accenti rilevano in modo particolarmente alto. È, insomma, la tradizione di una lunga, ininterrotta visione in sogno, ora più gentile e cordiale e quasi idillica, ora più oscuramente inquietante, ma sempre avvolta nell’aura del mistero, che è quello stesso della vita, sia nell’aspetto corporeo della nascita nel rapporto amoroso, sia in quello metafisico della creazione da parte di Dio (e le due immagini si intrecciano, i due modi di formare, nel tempo e fuori del tempo, nell’oscuro calore del sesso e nella luce insondabile del disegno divino, fino a quell’ambivalenza o ambiguità di presenza che è uno dei motivi più originali e singolari di questa poesia). Il poemetto Daedalus viene a essere la summa del discorso poetico di Chiellino, perché ne propone, nella più ampia distensione spaziale e temporale, figure e modi, accentuando l’aspetto narrativo dell’itinerario onirico. L’affollarsi dei simboli si fa più magmatico, più affannoso, più febbrile. L’oscurità della visione in modo più complesso si illumina attraverso l’accanito presentarsi delle forme e delle immagini, sempre come evocate dall’ombra della materia e della mente e mai interamente sciolte dalla fascinosa enigmaticità che si origina intorno alla loro polivalenza. È davvero la narrazione di un viaggio verso il fondo dell’essere, che non ha approdo definitivo, tanto è vero che si conclude con una domanda che rinvia al di là delle tappe in cui si è svolto e che, se sono state esperienze esemplari e terribili, prove disperate eppur mirabili e necessarie, apre una nuova dimensione e possibilità di sogno e divisione oltre sé, perché non ci può essere fine nella conoscenza delle radici della vita, del tempo, dello spazio, delle forme, Dio e sesso femminile; e anzi, attraversate le vicende dell’essere, lo stesso itinerario si ripropone e riprende il cammino della parola poetica, per quell’oltranza creativa e inventiva che ne è il carattere fondamentale e che Chiellino splendidamente interpreta.

Giorgio Bárberi Squarotti

Anno Edizione

Autore

Collana

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “Daedalus”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati