Il romanzo di Eugenio Felicori, Danni collaterali, ci presenta il mondo esclusivo dei più influenti AD delle grandi compagnie multinazionali, che ancora svolgono l’attività del settore secondario dell’economia, cioè la grande industria. Tali aziende hanno apparati produttivi molto complessi sia per quanto riguarda gli investimenti in macchinario sia e ancora di più per quanto ri­guarda l’organizzazione del lavoro. Per questo tipo di attività, che fa sempre più premio nello sviluppo dei paesi non ancora industrializzati e fino a ieri considerati i più poveri del mondo, il capitalismo internazionale ha inventato la globalizzazione delle merci e dei prodotti e le politiche fiscali hanno affinato degli strumenti adatti ad attrarre gli investimenti dei grandi marchi di produzione, dalla defiscalizzazione degli utili, agli incentivi per i nuovi insediamenti industriali, alle politiche di tollerazione per i disastri ambientali provocati dagli insediamenti ad alto tasso di inquinamento. I capitalisti della ricca e ormai vecchia Europa, come anche degli Stati Uniti, cercano di spostare nei paesi dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia le produzioni industriali tradizionali, troppo invasive e anche troppo costose, perché effettuate con ricorso alla mano d’opera che in Europa ha costi mantenuti alti dalle organizzazioni sindacali. Si è venuta a creare una classe di autentiche iene industriali, i coccodrilli della high society vestiti in doppiopetto e ricoperti d’oro, esponenti di buone famiglie europeo-americane, dotati di buona cultura, che sono degli autentici mostri di avidità e di spregiudicatezza, assai peggiori dei negrieri e dei colonialisti di due secoli or sono, in grado di divorare la vita dei lavoratori manuali e degli impiegati di medio-alto livello, al solo scopo di realizzare fantastici guadagni con il fenomeno della delocalizzazione industriale. Il libro Danni collaterali racconta l’esperienza di lavoro e i fallimenti umani e affettivi che, con sorniona avidità, Antonio Moretti è in grado di progettare, con ricadute sulla sua vita privata, di sua moglie e dei suoi figli, del fratello e di una lunga serie di dipendenti che da un giorno all’altro vedono scomparire il loro lavoro o nella migliore delle ipotesi vengono spinti costretti a consumarsi nei vizi e nella noia di una vita tanto agiata quanto demotivata. La bellezza di questo lungo racconto – o breve romanzo, che dire si voglia – sta nell’aderenza alla realtà del fenomeno dello sradicamento delle abitudini produttive dai continenti più ricchi, per impiantarle nei più poveri: fenomeno effettuato con una tale rapidità che ha causato molti danni collaterali derivanti dall’incapacità di adattamento immediato alle nuove condizioni di vita. Felicori ci mostra senza veli né reticenze cosa ci sta dietro alla globalizzazione del commercio mondiale.

Sandro Gros-Pietro

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