Rilettura fantastica del Teatrino

Una grande metafora esistenziale?
Un segno capovolto dell’Io che diviene oI e si specchia nel suo dubbio?
Un’analisi attenta dei codici di azione/vita propri degli esseri umani, siano essi marionette o burattini?

Parte la rilettura fantastica del Teatrino con il piede impigliato nelle parentesi che creano alternanze di pensiero o strategici paraventi riflessivi, per snodarsi in filamenti speculari, in variazioni sul tema Vita/mondo, ricche di inspirazioni-espirazioni. Un testo che inala ed emette l’aroma della ragione unitamente al sorriso dell’ironia.
Un testo alveare dove il ronzio laborioso suscita visioni-intravisioni, ultrapercezioni. Liliana Ugolini si interroga, si veste, si traveste, si spoglia, indaga con sottile arguzia ed intuito quel mondo, pallina cosmica, su cui in bilico ci muoviamo.
Ci sentiamo così coinvolti, assorbiti nella trama complessa e arabescata di questo arazzo, tessuto nelle notti di una luna vigile, in un habitat denso di occhi, fra pareti abitate da marionette e burattini che affabulano e bisbigliano, recitano i loro ruoli, si scambiano battute… L’Amore intanto vaga nelle stanze, simile ad Ariel nella Tempesta di Shakespeare e tutto si muove perché il movimento non è l’azione del fare ma del pensare, dell’agire il sogno, del rappresentare la vita con le dinamiche stesse della vita. Ogni pagina allora è un insieme di codici consequenziali: occorre una matita rossa, un piccolo lapis per segnare i passaggi, i richiami…
Un iter filosofico? Forse, ma anche puro divertimento sullo stile di Italo Calvino, di Mark Twain, una serie di cose serie non dette in modo serio ma giocoso.
Leggere, sottolineare, ripensare, assorbire, ricomporre. Questo testo si regge in primo luogo sui verbi/azione, non si diluisce negli aggettivi, nelle dispersioni estetiche. È quindi anche un esercizio di movimento, un vademecum per affrontare una rielaborazione dell’Io in vista di una traduzione esistenziale post-moderna.
Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? Gli stessi interrogativi che nel profondo degli esseri umani sono fonte di angoscia, in Liliana Ugolini divengono occasioni di crescita, grandi mediatori dell’etica individuale. Bussano alla porta di un nuovo mondo, una pallina leggera purificata, dove le scatoline pensanti (vivaci carillons) si aprono a una intelligenza del vivere che è costruzione creativa del Sé.
E il Burattinaio? Assorto nel suo mistero di rappresentazione ma sempre presente, sia esso chiamato al ruolo di Universo Parallelo, di Interstizio del Tempo, di Incidenza del Caso… Sempre Oltre ma nello stesso tempo immerso negli eventi, Faber fantomatico e simbolico, percettivamente fisico. Una triade complessa: Burattinaio, Marionette, Burattini, subito dissolta dalla parola che scrive, che pensa, che dialoga col mito, con la storia, con l’esistere.
Una rilettura allora o una costruzione piramidale, anche gotica, una guglia dove in alto brilla una stella ragionevole?
Chissà. Liliana abita il suo mondo scrittorio con discrezione e sapienza. È lì che dobbiamo cercare le risposte o lasciare che tutto rimanga dov’è, magicamente in sospensione aerea, mosso dal primo alito di vento che solleva il velo della notte.

Maria Pia Moschini

 

 

Un’atmosfera festosa e in continuo movimento incornicia l’incontro bene riuscito di prosa, poesia e immagine in Delle marionette, dei burattini e del Burattinaio, all’insegna di un fatato surrealismo in chiave storica e psicanalitica, che si rende favola per metafore del destino umano rappresentato sulla scena del mondo: l’immenso teatro senza confini determinati e senza un fondo scena conclusivo. Liliana lavora sulla parola in modo più etereo e meno laboratoriale rispetto al passato, ma anche con più profondi intenti cognitivi ed esplicativi; mentre Giovanna inventa un fantastico mondo di figurine seducenti e maliziose, cariche di nostalgia e di bellezza: le due sorelle Ugolini ancora una volta conquistano il lettore per la grazia e la ricchezza delle loro alluse corrispondenze di significati e di emozioni.

Sandro Gros-Pietro

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