<b>PREFAZIONE</b>

Lungo un percorso della durata di circa mezzo lustro si sgrana nel rosario dei giorni il filo di un pensiero ispirato alla ricerca dei grandi temi di fondo della cultura, quali la verità, la giustizia, la libertà, la bellezza, l’arte, la fede, l’amore, le emozioni, gli affetti, il lavoro, l’educazione dei figli, l’impegno etico e politico e tante altre tematiche che s’ingemmano e fioriscono sui rami portanti degli argomenti principali. L’autore ci dice che ogni pensiero è come l’albero che cresce e che si ramifica in un progressivo gettito di fronde sempre nuove: i pensieri buoni sono una benedizione, al contrario quelli cattivi sono una calamità che infesta e che soffoca le coltivazioni produttive. L’obiettivo dell’Autore, allora, è quello di offrire al lettore un esempio di <i>buon pensiero</i>, capace di espandersi nello spazio e nel tempo fino a pienamente campire e informare di sé l’intera cultura di ogni essere umano. Come da una quercia può nascere un bosco, così da un <i>buon pensiero</i> può nascere un’intera cultura capace di definire contenuto e confini di una complessa civiltà quale è la nostra, considerata sia nella radicazione più che bi-millenaria dentro la storia dell’umanità sia nell’espressione di attualità messa a confronto con le altre culture del bel Pianeta azzurro. Non è difficile intuire già dalle prime pagine che Adriano Accorsi riconosce il <i>buon pensiero</i> nella predicazione di Cristo, in quelle poche parole, scarne e luminose da lui pronunciate nel corso della vita terrena, che inizia con la predicazione e che si conclude sull’altura del Cranio. Per leggere tutte le parole pronunciate da Gesù e consegnate alla memoria degli uomini sono necessari meno di 40 minuti di lettura: lo scrive a chiare lettere Adriano Accorsi. E lo dice, con l’intenzione di pronunciare un invito all’umiltà, rivolto agli scrittori troppo verbosi, i quali per trasmettere al lettore i contenuti della loro attività richiedono un profluvio di ore, giorni, settimane e mesi di lettura. Il buon pensiero invece è sempre essenziale, scarno, limpido, conciso e chiarissimo per tutti. La verità è sempre una sola, e la bellezza è sempre semplice, ci dice Accorsi. Noi non siamo più abituati a leggere queste asserzioni così categoriche, perché siamo troppo catturati da una nozione di cultura che si poggia sul relativismo contraddittorio, e che predica la moltiplicazione delle verità, l’anfibologia tra il vero e il falso, l’ambivalenza tra il bene e il male. Adriano Accorsi, quindi, nella sua opera rivolge un invito alla semplificazione del complicato e all’eliminazione del superfluo. E per farlo prospetta una sorta di viaggio nel tempo, con un recupero delle fonti da cui deriva la nostra cultura. Per i romani il precetto fondamentale che regolava i rapporti fra gli uomini era quello del <i>neminem laedere</i>, in base al quale ciascun individuo poteva espandere la sua sfera di interessi e di godimenti personali sui beni materiali, avendo come unico confine quello di non recare danno al prossimo, perché ciò avrebbe fatto scattare l’istituto della responsabilità patrimoniale che comportava l’obbligo di risarcire il danneggiato. Questo principio giuridico risulta essere un passo avanti rispetto al decimo comandamento dell’Antico Testamento, che si limitava a fissare il precetto morale di non desiderare la roba d’altri. Ma è il cristianesimo, e quindi il Nuovo Testamento, che perfeziona in via definitiva il buon pensiero, poiché Gesù arriva a stabilire che è necessario “amare il prossimo tuo come te stesso”, chiarendo che il vero cristiano è colui che compie il gesto rivoluzionario di amare il proprio nemico, poiché limitarsi ad amare l’amico non rappresenta un merito encomiabile, ma una scontata ovvietà.
A differenza di quanto si potrebbe essere indotti a credere, il libro di Adriano Accorsi non è affatto un libro confessionale, ma al contrario è un libro totalmente laico, che pone sul gradino più alto della civiltà la ragione umana e, quindi, si specchia nel principio cartesiano del <i>cogito ergo sum</i>. Secondo Accorsi, l’umanità trova nella capacità di esercitare la ragione la scintilla definitoria della propria esistenza al mondo. Non la fede, ma la ragione fanno dell’uomo un vero uomo. Eppure, secondo Accorsi, è proprio la ragione che ci porta a riconoscere come il <i>buon pensiero</i> altro non possa essere se non quello pronunciato da Gesù, nell’esemplarità palmare delle sue semplici e luminosissime parole. Accorsi, pertanto, pienamente sottoscrive il pensiero del filosofo Benedetto Croce – che non è mai stato validamente confutato, ma tutto al più è stato dileggiato – cioè quella coraggiosa affermazione per cui “noi non possiamo non definirci cristiani”, in quanto chiunque sia a conoscenza del pensiero di Gesù e chiunque lo abbia meditato con ponderazione e sapienza non può fare a meno che sottoscriverlo e farlo suo.
Tuttavia, il libro di Adriano Accorsi non è neppure un saggio di filosofia o di sapienza. Molto più umilmente, come egli stesso dichiara nelle sue pagine, si tratta di una raccolta di riflessioni, argomentazioni, pensieri e anche divagazioni che costituiscono un percorso lineare e limpido di ragionamento su tutti i grandi temi della vita e che può essere letto come un almanacco, una porzione al giorno come fosse un farmaco contro i peccati capitali – specie contro l’accidia – per rendere più luminosa e ariosa la nostra vita e la vita di chi ci sta a cuore.

Sandro Gros-Pietro

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