PREFAZIONE

Walter Chiappelli è il copiosissimo poeta della gioia, della vita, della graduità assoluta della bellezza, della verità del cuore e dei sensi, delle colme venture delle stagioni, delle meditazioni pure e appassionate. Finalmente! Non sopporto più i troppi versificatori che recitano pene, dolori, condanne, esecrazioni, malinconie, sconforti, lamenti, proteste, non perché davvero ci credano, ma perché pensano (a torto) che in questo modo meglio possano essere ascoltati e abbiano successo e ottengano premi. Sono echi di echi di nulla, e Chiappelli, invece, rappresenta la pienezza della parola che si effonde per il giubilo della poesia e delle quotidiane esperienze delle stagioni, degli sguardi, della letizia di inventare sempre nuove metafore e riproporsele e rioffrirle alacremente per la migliore conoscenza del cuore che si emoziona e si commuove di fronte a una rosa, a una foglia, a una spiga di grano, a un notturno sereno, al folgorare del sole, ai casti fiori della primavera, alla fiamma dei sentimenti e delle contemplazioni appassionate. C’è tutto questo nella poesia di Chiappelli, e, a faccia a faccia, c’è per un verso lo stupore di tanta grazia, per l’altro il giudizio severo e dispiaciuto per tanta indifferenza degli uomini, che non vedono e neppure si accorgono che la vita è stata data loro soprattutto per l’occasione, ahimè breve, di godere delle infinite variazioni, nel ciclo del nostro tempo mortale, delle manifestazioni dell’essere.
Descrivere e rivelare, di conseguenza, la novità delle forme della vita, e poi commentarne, giudicarne, goderne ancora le loro varietà innumerevoli per la ricchezza e la forza della poesia sono lo scopo fondamentale della scrittura di Chiappelli. Per questo spesso egli si sofferma sulle ragioni della composizione poetica: senza di essa si rischia di non riconoscere la bellezza che ci è accanto, e che passa rapida, ed è allora una sconfitta, una perdita, mentre ogni istante deve essere assaporato perché questo è quanto ci è dato di avere. Chiappelli ha il senso della fragilità e della precarietà del tempo, ma questo pensiero costante non induce nello sconforto e nella tristezza del celere abbandono del piacere e della bellezza: al contrario, è l’invito a contemplare e a sentire con tutta la forza possibile la durata indefinita delle visioni che è, in realtà, piena perché completamente appaga l’anima, e poi c’è la parola poetica che ne ripropone festosamente la grazia.
Chiappelli sa congiungere sempre anima e sensi, fisicità dei corpi e pensiero, concretezza delle cose e dei desideri e aspirazione al sacro. C’è, nella sua poesia, una profonda religiosità, ed è quella di Dio come gioia e dono gratuito di bellezza e di parola da pronunciare continuamente in lode della costanza del mondo, a malgrado di tutte le offese, le violenze, le malversazioni dei troppi che non vedono, non capiscono, non sanno. Chiappelli sa dire con vivissima efficacia la complessità del sacro, che non è soltanto sentimento e fede del cuore, ma pensiero per un verso, effusione dei sensi e meraviglia dei corpi e del piacere per l’altro. Come similitudini della felicità dell’essere Chiappelli evoca musica e pittura, che sono le variazioni delle forme dell’arte che si aggiungono al creato. Così la gioia dell’essere e del vivere si moltiplica senza fine ed è, allora, il dono che l’uomo può offrire come aggiunta al creato, che in questo modo può andare avanti nel tempo e nell’arricchimento anche dello spazio che si fa più folto, più numeroso, ed è in gara con quanto già esiste e si presenta allo sguardo ammirato e innamorato del poeta.
È questa la ragione della tanta scrittura poetica di Chiappelli. Valore è anche la quantità, perché questa deriva dalla pienezza del cuore e dalla potenza della parola. Da tanta corposità deriva la misura netta e rigorosa dei singoli testi, per lo più brevi, perché Chiappelli vuole sempre fissare senza sbavature e ripetizioni il suo messaggio, la sua lezione. Ma è pur vero che, nel complesso della raccolta, l’opera viene ad apparire come un grandioso poema circolare. Tutto, così, appare detto e rivelato a pieno, fino all’apparenza dell’esaurimento; eppure, invece, abbiamo sempre l’impressione che questa sia una tappa, un preannuncio d’altro ancora da predicare per la soddisfazione, in questo modo perpetuabile, della creazione.

Giorgio Bárberi Squarotti

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