PREFAZIONE

Tommaso d’Aquino nella seconda metà del tredicesimo secolo scrive, negli ultimi anni del­la sua missione di Doctor Angelicus e dopo avere passato l’esistenza a studiare i testi sacri, la Sum­ma Theologiae, che è l’opera considerata dalla Chiesa fondamento della sapienza e della fede. Il carattere dell’indagine di Tommaso si basa, per ogni argomento trattato, nell’esposizione dettagliata degli “Otto elementi di San Tommaso”. Precisamente, si tratta di stabilire, in ferrea logica aristotelica, per ogni elemento considerato: “chi, cosa, quando, perché, quan­to, in che modo e con quali mezzi”. Il Doctor Angelicus, con un libro suddiviso in tre parti, cui si aggiungono un supplemento e un’appendice, fornisce la parola definitiva su ogni domanda relativa all’esistenza dell’anima, del mondo e di Dio.

Per oltre mezzo millennio la Summa resta la parola che “squadra” il mistero e lo rende totalmente intellegibile. Tuttavia, verso la fine del diciottesimo secolo Immanuel Kant scrive la Critica della ragion pura in cui dimostra che gli oggetti “anima, mondo e Dio”, essendo di natura metafisica, restano fuori dall’esperienza e, quindi, non appaiono in alcun modo conoscibili. Si possono conoscere solo i fatti che ricadono nell’esperienza. La conoscenza va sempre documentata dall’esperienza. Più o meno contemporaneo a Kant, nasce il giornalismo, che fa della conoscenza esperienziale il proprio mestiere, ponendosi cinque elementi noti come le “5 W”: Who, What, When, Were, Why ossia, Chi, Cosa, Quando, Dove e Perché. Restano fuori anima, mondo e Dio, ovviamente.

In poco tempo, tuttavia, ci si rende conto che ognuno dei cinque elementi viene sempre stabilito con un contraddittorio impugnabile dall’esperienza stessa, essendo quest’ultima relativa e non assoluta: l’esperienza cambia nel tempo la risposta che fornisce agli elementi considerati. All’inizio del ventesimo secolo Albert Einstein sorprende tutti dicendo che esistono solo due misure che contengono l’intero creato, precisamente lo Spazio e l’Energia. La terza misura, il Tempo, è un’invenzione elaborata dall’uomo, per semplificarsi il problema di capire il mondo (un po’ come se l’uomo avesse inventato un dio minore, il Tempo). Ma, per Einstein, il Tempo non misura nulla nel creato: esistono solo spazio ed energia. Tuttavia, resta il fatto che le due grandezze indicate da Einstein sono scientificamente immisurabili, poiché sono infinite e, quindi, sopravanzano di gran lunga la nostra capacità di comprensione, che, invece, funziona solo per spazi e per energie definite. Per Einstein, dunque, noi possediamo solo una conoscenza che è evanescente, vale a dire imprecisa, indistinta, labile, imperfetta, inconsistente.

Lo Scienziato va a braccetto con il Poeta, poiché solo qualche anno dopo la pubblicazione della teoria della relatività Eugenio Montale pubblica Ossi di seppia, in cui è contenuta la poesia Non chiederci la parola che squadri da ogni lato, di cui Silvana Sonno richiama, nel suo omaggio a Eugenio Montale, il celeberrimo monito finale, Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Il libro Evanescenze sviluppa già nel titolo la dimensione umana di incantevole sogno e di dolente malinconia, che sono gli elementi con cui Silvana Sonno descrive la sua esperienza: sono le uniche due corde, che ritroviamo espresse nella poesia Due Parole, il Dove e il Quando, scelte fra le 5W di cui si è già detto, come Paganini sceglieva una sola corda fra le quattro del violino, per dimostrare il talento del violinista.

Orientamento principale dell’intero intreccio poetico del libro è il sentimento di appartenenza per natura e per elezione al mondo delle donne, più esattamente definite amiche. È un sentimento mai proposto col piglio rivendicativo della partigianeria bellicosa e duellante verso la società maschilista, ma invece, è vissuto come un’elezione di grazia, di gusto, una condivisione partecipativa di valori e di ricerca della bellezza, come si legge nella poesia dedicata a evocare la figura e l’opera della scrittrice, giornalista e cinefila Gabriella Montone. Tuttavia, accanto alla condivisione di un amichevole rapporto affettivo, c’è anche la partecipazione civile all’impegno umanitario nei confronti delle donne, testimoniato dal riferimento più alto opzionabile fra le icone della solidarietà, rappresentato dal gesto di Gesù che prende la mano della fanciulla dodicenne, giacente come morta sul giaciglio casalingo, e le rivolge il richiamo in aramaico, Talitha Kum, “Fanciulla, alzati!”: Gesù chiama alla vita e all’abbondanza la giovane donna, che si alza e torna a vivere. Talitha Kum è un’organizzazione di religiose con fini umanitari diffusa a rete su più continenti che combatte la tratta delle donne e dei bambini. Nella poesia Silenzi… c’è una versione elusiva del gesto di dono della vita fatto da Gesù nei confronti della fanciulla, giacché in questa veste viene, sì, trasformata in una regina incoronata dal mio re, ma anche rinchiusa in un alveare “a serrare il non detto / dietro la porta di cui / tieni la chiave”.

Tra le figure femminili evocate da Silvana Sonno assume un particolare valore affettivo quello della madre, come leggiamo nella poesia Estati: di ritorno dalla sortita sulla riva del mare in orari quasi aurorali, controllava la figlia ancora dormiente nel letto, con una carezza sui capelli e le rivolgeva l’invito di continuare tranquilla a riposare.

Non mancano i riferimenti anche all’altra me­tà del mondo. Si noti la dolcezza degli accenti rivolti a Sandro Penna. L’omaggio a Italo Calvino è reso con il richiamo della fantasia verso il surreale contenuto in Il barone rampante. Talvolta gli omaggi sono bene acchittati e consistono nell’uso di un’espressione che è divenuta antonomastica nei confronti di un autore classico, come è nel caso dell’inconsueto e rarissimo verbo brusire, ingaggiato con pertinenza per indicare il fruscio delle frasche nella poesia I vecchi, in cui viene nominato un brusire di fronde, che richiama L’ora di Barga, ne I canti di Castelvecchio, con il celebre incipit Al mio cantuccio, donde non sento / se non le reste brusir del grano. Segnalato dalla stessa Autrice è invece il sigillo petrarchesco di colma d’oblio, nella poesia Doni.

Una delle tematiche svolte nel libro riguarda l’impegno civico, il sentimento di appartenenza a un ordine sociale organico e armonioso o quanto meno l’augurio che la società possa assumere un’espressione umanitaria di libertà e di uguaglianza coesa fra tutte le componenti che la costituiscono, come può essere il riferimento enigmatico e interrogativo al titolo dell’opera fondamentale di Tommaso Campanella, La città del Sole, nella breve poesia eponima.

Il sentimento dell’incertezza, quasi dell’indeterminazione, per non dire della casualità – che potrebbe sfiorare addirittura l’azzardo – emerge più volte nella raccolta, come nelle poesie ConfiniCome l’erbaSplendoreUna scommessa. Talvolta, tale sentimento di vaghezza delle possibilità, si incupisce in una previsione ultimativa dell’esistenza, in un’attesa della conclusione, quasi fosse possibile preavvertirne l’immanenza o comunque dovere scontare la consapevolezza dell’ineluttabilità del cosiddetto finale di partita beckettiano.

Caratteristica immediatamente appariscente di Silvana Sonno consiste nella facilità della versificazione. Emerge sempre l’immediatezza con cui i versi appaiono subito equilibrati, misurati, contenuti in un contenitore formale che talvolta addirittura richiama il sonetto, ma che si presta anche a soluzioni che non hanno certificato di cittadinanza nella letteratura italiana, come l’haiku oppure altre forme lapidarie, come fossero pensieri ermetici, un poco vintage. Molto sovente i versi si dispongono automaticamente in endecasillabi, con una tale naturalezza da dare a credere che la scrittrice pensi poeticamente usando endecasillabi, già nella composizione in parole del suo pensiero.

Infine, il libro si fregia di un congedo o commiato conclusivo, ma senza l’envoi a un destinatario definito, resta pertanto un saluto indirizzato in forma anonima al valore della poesia, che si conclude con il più elegante dei sigilli poetici di cui già si è detto: è un riferimento ovviamente dantesco, quello di il sole e l’altre stelle: sottinteso, è l’amor.

Sandro Gros-Pietro

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “evanescenze”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati