PREFAZIONE

Leggendo e rileggendo queste poesie (le poesie non vanno mai lette una volta sola, vanno “succhiate” come caramelle), mi sono confermato in una convinzione che ho sempre avuto, ma che gatta donata mi ha resa più evidente. Ossia che tra l’essere umano e il gatto (lo direi anche per il cane, ma ci vuole un altro libro) c’è un reciproco processo di creazione: la persona che “possiede” un gatto, o meglio che è posseduta da un gatto, riceve da questa piccola creatura un inesauribile arricchimento affettivo, psicologico, direi anche teologico. E il gatto riceve a sua volta dalla persona con cui convive un altrettanto inesauribile flusso fatto di sguardi, di carezze, di parole, di nascondimenti (giustamente l’autrice non dimentica i cassetti!). Perciò è così diverso l’essere umano che mette il gatto soltanto in rapporto con il topo, da quello che, come scrive Angela, riempie “l’anima mia / di tenerezza umana / per l’anima animale / di tanta creatura”. Anche la nostra è un’anima animale, ma spesso ce ne dimentichiamo e crediamo di avere un’anima angelica. E non ricordiamo che quando Dio creò gli altri animali “vide che era cosa buona”, e quando creò l’uomo non disse nulla. Ecco perché anche soltanto un gatto ha il potere di ripristinare il nostro legame di amore con tutte le creature, e in certo senso ha una funzione mediatrice tra l’innocenza del creato e la nostra fragilità. Forse pensava a questo Maometto quando, per non disturbare un gatto addormentato sul suo mantello, tagliò via il pezzo di mantello su cui c’era il gatto. E forse pensava a questo l’ignoto autore anglosassone della Regola delle anacorete, quando scrisse: “E voi, mie care sorelle, non dovete avere altro animale se non un gatto”.
Come scrive l’autrice pensando all’arca di Noè, ognuno di noi può dire al suo gatto: “di micio / in micio / siamo arrivati a te”.

Paolo De Benedetti

Anno Edizione

Autore

Collana

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “Gatta Donata e i suoi fratelli”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati

da Gatta donata e i suoi fratelli, 2010

 

Chi dice di possedere un gatto

Chi dice di possedere un gatto e non ha un graffio: mente.

È stato terribile (inesperta) con la prima cucciola. Sono arrivata al punto di inventarmi un guantoparagraffi utilizzando guantoni da forno che prolungavo con analoga stoffa imbottita fino al gomito. Ho anche pensato di brevettarlo. Così potevo giocare con lei – voracissima e tenerissima – senza esser troppo sderenata e sanguinolenta.

I gatti sono felini. L’ho capito a mie spese. Ancora adesso strisce rossastrorosa creano piccole trame un po’ovunque sul mio corpo. Non ho imparato a difendermi abbastanza. Ma questo anche nella vita d’altra parte. L’arco perfetto di un’unghia di gatto si incista perfetto nel derma e fa un foro tenace. Subito dopo un ponfo rosso lievita per un paio di giorni e poi pian piano trascolora. Ma la traccia rimane segno indelebile d’amore. Mio verso la creatura a cui sacrifico vanità femminili.

E pensare che a guardarli e toccarli i cuscinetti dei polpastrelli paiono morbidi e inoffensivi. Chi direbbe che dentro – retrattili – contengono lame affilatissime. Se schiacci un poco sotto la zampa di un gatto le dita si allargano a raggiera e come un ventaglio fuoriescono le unghie perfette. Perfette armi di difesa-offesa e dunque di sopravvivenza.

I gatti perdono le unghie. Non lo sapevo. Perdono anche le vibrisse come qualsiasi altro pelo. Un baffo di gatto – se lo baci – porta fortuna. Come la zampa di coniglio? Così mi ha spergiurato Tecla che da adolescente costringeva tutti i suoi compagni di scuola a baciare il baffo del suo gatto Achille.

E se fosse vero?

 

 

sul letto

le dico: io sono i tuoi fratellini che hai perso e gioco gioco tra zampe e dentini aguzzi e unghiette retrattili in soffici cuscini lotto la lotta dei felini

 

 

morsi e graffi

che palle i tuoi graffi e graffini e graffietti e morsi dei denti non ancora perfetti sulle mie estremità superiori e inferiori dove lasciano segni rossastri e un po’ infetti… che palle le tue spine retrattili in forma di rosa dentro i cuscini delle zampe anteriori issate su senza posa negli scatti imprevisti del felino sotteso alla gatta donata ma anche sfrenata che è in te che palle

 

 

Donata controluce

Donata – controluce – immobile sul davanzale della finestra. Ieratica.

A volte le parole ti colpiscono come lame e lampi. La parola giusta squarcia su spazi infiniti di immagini rivelatrice dell’essenza delle cose*. Sì. Ieratico sta al gatto come mistero sta alla morte. E richiama lontane risonanze di sacro sacerdotale maestoso solenne dove si mescolano le nostre reminiscenze dell’Egitto lontano della dea Bastet donna con la testa di felino le sfingi i sacerdoti intenti alla mummificazione dei gatti adorati nella città di Bubasti intrisa dei profumi drogati d’erba gatta. Quando moriva un gatto in Egitto l’intera famiglia si rasava le sopracciglia in segno di lutto.

Maestà. Eleganza. Seduzione. Berenice turchina – mollemente distesa sul cuscino del letto chiaro inebria l’occhio che corre a sete e vapori di harem di ginecei di hammam di atmosfere flessuose intrise di sensualità languidamente sottesa. O ancora alle grandi dive del cinema icone dell’immaginario collettivo. Quel femminile felino dove l’eros animale e corporeo è gioco mentale.

I gatti sono belli. Bellezza è termine banalizzato dal troppo uso. Eppure qui non può essere sostituito da altro. Sì. I gatti sono belli.

Ma anche l’ideale avvenenza ha un neo. Per il gatto sono gli sbadigli. Scomposti.

 

(* Emily Dickinson – la grande poetessa statunitense (Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio 1886) – ha scritto una volta ad un amico “Ricordi, Joseph, quando io ero una ragazza dal cervello poco fine… l’idea che avevamo delle parole: erano cosucce da nulla, senza energia. Ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i lord… A volte ne scrivo una e la guardo, ne fisso la forma, i contorni fino a quando comincia a splendere e non c’è zaffiro al mondo che ne possa eguagliare la luce”. Quando leggo e rileggo questo brano mi viene sempre la pelle d’oca.)

 

 

c’era una volta una gatta

berenice eterna cucciola volata sulla luna dal balcone dopo appena un anno – appena prima della festa del tuo compleanno con me

berenice spero che lassù in cielo tu sia felice tanto tanto e per davvero sincero angelo di pelo per sempre rimpianto