Chi deve giudicare deve saper ben guardare, occhi aperti e mente sgombra, per rappresentare nel modo più netto la realtà. Forse è proprio dal suo pesante ruolo di Giudice della Corte Costituzionale che scaturisce la lucida leggerezza con cui Luigi Mazzella disegna il mondo e le sue umane debolezze nella deliziosa raccolta di versi e aforismi I pazzi e le smorfie. In brevi o lunghi tratti, in prosa o settenari, strappa sorrisi e smorfie persino ai pazzi che denuda. Sì, perché ci siamo tutti nel suo affresco, Mazzella non fa sconti, anzi ci ricorda, con il disincanto di un sorriso intelligente, che ‘gli altri siamo noi’, e ci offre uno specchio per riflettere. Ma oltre le considerazioni che i vari temi sollecitano, in queste pagine c’è un interessante dato trasversale che si manifesta con evidenza nell’aforisma intitolato L’uomo che non amava gli animali: “Non avrebbe mai potuto essere un cacciatore, perché non amava abbastanza gli animali per toglier loro la sofferenza del vivere, come lietamente facevano quelli che li amavano”. Praticamente un autoritratto, il cui senso intrinseco attraversa ogni pagina, svelandoci con spietata sincerità il suo approccio di valutazione: non è nell’amore esibito, dispensato a piene mani, usato come radice e alibi dei giudizi sul mondo, che si trova garanzia di buona fede e sincera solidarietà. Al contrario, soltanto quando, come l’autore, si è fuori dalla palude di miele di chi ostenta accorata partecipazione, si può avere quella ‘lucida visione di uomini ed eventi’ che anima il pensiero più giusto e la più intelligente condivisione delle vite degli altri. Ma l’amore ritorna protagonista quando rappresenta una scelta personale di vita, come Mazzella afferma in modo inequivocabile, senza cercare rime o metafore, in poche definitive parole che si stagliano, come un indelebile tatuaggio, al centro di una delle ultime pagine: “Un amore vero coinvolge senza riserve ed è sempre totalmente complice”. Ancora una volta, spietatamente sincero.

Enrica Bonaccorti

Luigi Mazzella – Gigi per gli amici – non fa la professione di poeta, di romanziere, di saggista, o di critico ma fa, invece, tutte queste cose e, lungi dall’attestarsi su valori corretti ma mediocri –come spesso accade a chi vuole fare troppe attività – si eleva sempre a livelli davvero molto ragguardevoli, comunque di spiccatissima professionalità!
Gigi non scrive per vivere, ma vive per scrivere, ed ogni occasione, ogni momento, ogni luogo, sono buoni per fargli aprire il computer e per farlo “smanettare” sulla tastiera! Devo dire che Gigi può consentirselo perché – a differenza di tanti altri – ha sempre da dire qualcosa di suo, avendo vissuto, con assoluta e lucida partecipazione intellettuale, il mezzo secolo più interessante della nostra storia recente, dal crollo delle ideologie alla scissione dell’atomo, dalla genetica agli antibiotici, dall’analfabetismo alle intelligenze artificiali, dalle onde hertziane al telefonino che sa sostituire oggi un maxi computer di ieri, e ciò per non parlare di tante inutili, avide guerre, dell’uomo nello spazio e del poco spazio per i diritti umani!
Di tutte queste cose Gigi ha subito capito il vero senso, tanto da poter…… buttar via il foglietto illustrativo ovvero quel “bugiardino” che ci accompagna sin dalla nostra nascita. La prova, anzi: la riprova? Quest’ultimo suo scritto che impreziosisce la nuova edizione de I pazzi e le smorfie e cioè la lirica Pensiero laico in un giorno di autunno inoltrato dove – ed è la prima volta – compaiono alcuni esempi di impropria ma spontanea allitterazione (“Alchimie Chimiche” ovvero “bizzarra alternanza”) di marca elisabettiana, momenti di manzoniane metriche (la mente attenta e vigile, lo sguardo un po’ smarrito) reminescenze di suoi autorevoli scritti (l’approdo nella baia del dubbio) per comporsi e planare in un finale davvero irrestibile che ipotizza la morte come il Regno del “Nulla e del Silenzio”, ma anche come “Una pace infinita, come fine serena dell’avventura nobile di una esistenza vera , priva di ogni paura e d’armonia intessuta”. E questa è “Poesia Purissima”, nonostante lo sberleffo dell’ultimissimo verso (“giocata a rimpiattino con le follie del Caso”)!
Ma allora, Gigi è un vero poeta? Io non oso dirlo… ma lo penso!

Ettore Boschi

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