Il realismo fantastico di Davide Riccio poggia su un sistema di reperti oggettivi che trova riscontro nella realtà. È davvero esistita, infatti, una banca che prevedeva di versare dei cospicui lasciti ereditari a chi fosse stata riconosciuta la reincarnazione vivente di un De cuius scomparso dopo avere costituito lo specifico tesoretto presso la banca a vantaggio della sua anima ritornata in vita in un nuovo corpo. La teoria della metempsicosi o reincarnazione è antichissima, per lo più diffusa nell’antica Asia, in India, in Tibet, e altrove. Similmente è riscontrato non solo da certi pranoterapeuti, ma anche da alcuni psicanalisti, l’esistenza del fenomeno della regressione, come facoltà dell’individuo, in particolare se sottoposto a ipnosi, di immedesimarsi in personaggi vissuti in tutt’altre epoche e luoghi rispetto al “qui ed ora” in cui il soggetto vive. Sulla base di questi e di altri dilettosi reperti delle umane conoscenze, lo Scrittore costruisce una variopinta vicenda che ha per protagonisti principali Tumata, un guerriero papuasico della Nuova Guinea, e Orlando, un ricco discografico torinese, ritiratosi in pensione. Il romanzo alterna le vicende dell’uno e dell’altro che vivono da protagonisti su due sponde spaziali e temporali diverse, per cui il lettore partecipa a una sorta di partita a tennis, perché quasi ad ogni capitolo si osservano in alternanza i due campi contrapposti del racconto. Da un lato c’è il ricco, decadente e vizioso mondo della civiltà occidentale, così fatua, smagata e ossessivamente depredatrice delle risorse del Pianeta. Dall’altro si contrappone il mondo primitivo, superstizioso, rituale e altrettanto violento degli antichi aborigeni dell’Oceania. Orlando, inoltre, è un viaggiatore nel tempo, grazie alle sedute di ipnosi cui partecipa presso la psicanalista Chisotti, anche in tale occasione sostanzialmente in fuga dalla corrotta civiltà occidentale. Il ponte d’unione tra i due diversi protagonisti del romanzo è rappresentato da Lama Yangtsho, che viene incaricato dal direttore Mister Braun della Banca dei Reincarnati di ricercare le anime dei clienti depositari di ricchi lasciti costituiti a favore dei risorti. Senza volere svelare la totalità della trama, va detto che Orlando finisce in Nuova Guinea ove romanticamente trova sia l’amore della moglie Poema, donna nativa del luogo, sia la morte per il sopraggiungere di un male incurabile. Nel frattempo Tumata, che a sua volta ha perso la moglie Tepurotu, inizia un viaggio di fuga dalla sua tribù, sconvolto dai rituali di ferocia gratuita e tribale, e abbandona l’intrico della foresta tropicale per spingersi verso la civiltà moderna insediata lungo la costa della Nuova Guinea. Lama Yangtsho, fin dove potrà spingersi, individuerà le tracce della me­tempsicosi servendosi della sua filosofia, di riti spirituali, pratiche di riflessione, contemplazione e immedesimazione nei misteri della creazione sulle orme immateriali del soffio della vita. Il fascino del romanzo di Davide Riccio sta nelle sfide del misterico, dell’inconoscibile, dell’enigmatico, che si giustappongono alla realtà piana delle cose e alla decadenza di corruzione e di degrado della vita, capace di disgustare gli animi sensibili sia nel tempo preistorico sia nel postmodernismo dell’età contemporanea, al punto che i due protagonisti delle due diverse realtà viaggiano come rette parallele orientate entrambe verso un’ipotesi di fuga dal loro mondo, ma destinate a non incontrarsi. Ma sarà davvero così? Veramente Orlando e Tumata non si rincontreranno? Cosa ne pensa, al riguardo, Lama Yangtsho?

Sandro Gros-Pietro

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