PREFAZIONE

Esuberanza del linguaggio

Il fascino immediato di Giovanni Barricelli è dato dalla dimensione esuberante del suo linguaggio. Il suo è un linguaggio dilatato, che esplode nelle forme espressive e nell’azione verbale. Non si può fare a meno di ammirarlo. Per questo si parla di rappresentatività, di incisività, di potenza visiva della parola poetica barricelliana.

La vista e il suono

Molti critici hanno giustamente adoprato per lui terminologie che ricorrono con frequenza nei confronti dei pittori, e hanno definito il suo linguaggio come impressionista, simbolista, espressionista o addirittura fauviste. Ma altrettanto importante, nella poetica di Barricelli, oltre la vista è il suono. Il suono delle parole sorregge già da solo una buona metà dell’intenzione del messaggio. Barricelli scrive in base al suono delle parole che adopra. Non si tratta di piegare le parole alle regole della musica, ma di adattare i significati ai fascini dei suoni costruiti con neologismi o con modificazioni lessicali. La sinestesia tra visione e suono è, dunque, fondamentale nella poetica barricelliana. Non è certo la prima volta che ciò accade in poesia. Si potrebbe dire che già Filippo Tommaso Marinetti aveva costruito con sinestesie di immagini e suoni buona parte della poetica futurista, e Barricelli fa tesoro di tali esperienze.

Ascendente futurista

È quindi corretto, fra le altre caratteristiche, riconoscere anche un ascendente futurista a Barricelli, benché sia poeta attento e ispirato alla tradizione letteraria e al culto del passato. A bene guardare, però, il culto del passato in lui si risolve in stravolgenza della memoria ovvero nell’impossibilità di costituire la memoria come espressione scritta e stabile del significato del mondo. Il poema resta un’anfibologia vaga, in forma di “pagine scritte negli occhi e nella mente” ovvero come “alito leggero”, come egli ci dice nella poesiaLa romanza delle memorie. C’è il desiderio di uscire dai canoni, spezzare le catene, soppiantare le regole. In una parola, c’è un forte impulso a inventare un mondo parallelo a quello della memoria custodita nei musei e nei libri: non più un mondo stazionario, ma in continuo fermento.

Memoria impedita e chiave a stella

C’è una memoria impedita, una memoria che non si può manifestare nelle forme deputate dalla consuetudine, perché emerge il desiderio del poeta di uscire dalla tradizione codificata dagli usi. Il poeta rompe con la consuetudine dei riferimenti cardinali e ne crea altri, più fantastici e più universali, in grado di funzionare come strumenti di indagine in un maggiore numero di situazioni, come chiavi a stella applicabili in tutte le situazioni.

Intarsi citazionali

Non mancano le citazioni provenienti da altri testi che confluiscono in una nuova visione poematica che magari può modificare totalmente l’atmosfera e il significato dei testi citati, come è nei contributi di versi tratti dall’Inno a Garibaldi di Luigi Mercantini, intarsiato con l’inno nazionale Fratelli d’Italia di Goffredo Mameli, ma il significato complessivo viene deviato dal trionfo nella fede patriottica all’angoscia della sconfitta, alla visione della “patria singhiozza” sotto l’ascia del boia, in una accezione moderna di degrado politico e sociale scaturito dalle diverse forme di corruttela.

Il poeta legislatore e Ulpiano

La funzione del poeta, nella pagina scritta come nella memoria costituita dalla vista e dai suoni – tra visioni e parole – consiste allora nell’esprimere una sistemazione diversa dei valori in campo; consiste nel produrre nuove sentenze ovvero nuovo modi di “sentire”, cioè di avere un’opinione, circa la storia del mondo, sapere lanciare una “stilla rosso vivo”, come è indicato nella poesiaLa sentenza, che agita il simbolo del legislatore romano del secondo secolo imperiale, Ulpiano, figura di tragica onestà e impegno, destinato a cadere in un mondo di lupi.

La casa perduta

Appartengono alla poesia di Giovanni Barricelli anche dei momenti di intensa liricità nostalgica, nei quali si sviluppa un sentimento di melanconia per la lontananza con il mondo incontaminato di luce e di simboli positivi che fanno riferimento a una vaga forma allusa di età dell’oro. Potrebbe benissimo trattarsi di una situazione realmente autobiografica, agganciata a un’età della gioventù ovvero della adolescenza del poeta, ma nel testo poetico vi è un’oggettivazione di tale presumibile spunto autobiografico, in modo che l’elemento egotico sfuma in secondo piano e prevale invece il valore rappresentativo della metafora, della casa perduta, come sede incontaminata e tuttavia dispersa della poesia. I versi sono bellissimi, e vale la pena di citarli per intero: “Ove essa si alzava, ormai cresce l’erba / ma pure è là e tu stesso la vedi, una / casa sul fiume sospesa nella nebbia di / tutti questi anni e dentro, una luce che / irradia a fatica”.

La complessità di Barricelli

La poesia di Barricelli è un intreccio ingegnoso di parti distinte e interagenti fra loro, ciascuna dotata di potenzialità poetica autonoma, in un contrasto di temi afferenti alla lettura in simultanea della follia del mondo sia moderno sia passato, costruita per stravolgimenti e arricchimenti della memoria, ritrattistiche di personaggi realmente vissuti, visioni simboliste e interpretazioni per aforismi e apoftegmi, sovente depredati del loro significato originario, aliti di memoria del passato e struggenti pagine di lirica nostalgica, costruzioni analogiche di sonorità ecolaliche e invenzioni creative di svariata fattura, nel trionfo dell’invenzione e dell’ideazione, che fanno di questo poeta uno dei più consapevoli e ricchi rappresentanti italiani del barocco moderno, cioè dell’espressione poetica pura, dedicata a celebrare l’arte come liturgia di inventare la verità.

Sandro Gros-Pietro

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