Premio I Murazzi per l’inedito 2012 (dignità di stampa)

Motivazione di Giuria

Nello splendore di un’invenzione poetica che spettacolarizza il linguaggio della poesia in una continua metamorfosi caleidoscopica di assunzioni e di remissioni dei significati, il poema La danza di Adriano Accorsi allude sia alla funzione connotativa della poesia sia alle possibilità immaginative e orfiche del ragionamento poetico, nella doppia valenza di connessioni logiche derivate dalla realtà e di nessi psicologici derivati dall’interiorità profonda dell’uomo. La Giuria all’unanimità attribuisce la dignità di stampa.

PREFAZIONE

Si presenta in forma di poema questa opera, La danza, scandita in sette sezioni, ma sostanzialmente organica nell’ideazione e nella realizzazione. I versi sono sciolti e tendono a oscillare dalla forma versale a quella prosaica, come un movimento di ondate e di risacche, le partenze e i ritorni, su quella zona ideale di finisterre che separa la scrittura poetica di interpretazione connettiva da quella in prosa di denotazione descrittiva del mondo e degli eventi della storia. È alto il tasso simbolico del linguaggio usato, che è tutto in chiave di metafora e di allegoria. Il linguaggio è semplice, lineare, ma nel contempo solenne e coturnato. La poetica sviluppata da Accorsi, a questo punto, potrebbe anche ricevere come collocazione un illustre esempio di autore del passato recente, che non è detto rientri nelle letture preferite del poeta maceratese, ma che, comunque, ha fatto ricorso alla poesia come linguaggio semplice e solenne, filosofico e poetico, metaforico e orfico. Si sta parlando di Nietzsche e del suo capolavoro Così parlò Zarathustra – le cui parti scritte in versi appaiono abbastanza affini al presente poema di Accorsi – e ancora di più si può notare una vicinanza con i successivi Ditirambi dionisiaci, che già segnano il confine della ragione che decade in follia dentro la mente di Nietzsche e il confine della poesia connotativa che esala nella visionarietà disconnessa dal reale.
Accorsi, dunque, con La danza, volutamente spinge il canto sul confine del silenzio e della pazzia; ma è anche il confine della decadenza del dire alato che cessa di essere tale e che diviene discorso argomentativo, anche se vorticante nell’immaginario, perché prevalgono le connessioni della logica rispetto alle connessioni psicologiche che invece provengono dal profondo dell’io, anziché dal mondo esterno: tutto il poema è esattamente una danza sulla linea d’ombra di confine, dove la poesia cessa di essere tale e inizia la prosa (ma vale anche l’inverso); dove l’emozione cede il passo alla ragione (ma vale anche l’inverso).
Il poeta, in metafora, ci dice che tutta la sua vita è stata questa danza, iniziata probabilmente già nel ventre materno, con la musa che le è cresciuta accanto e che oggi lo osserva invecchiare e come l’avvoltoio attende l’esito finale. Oggi è uno strazio di incubi e di visioni mostruose, simili a quelle che toccano ai drogati che si sono lasciati bruciare dalla polvere bianca della loro follia e che giungono a vedere mostri sbucare da buchi aperti nel pavimento o lungo le pareti della stanza. Ma qual fu lo splendore di ieri! e a quali gioie portò la danza: “Dalla tua bocca uscivano parole / a musicare il mondo. // Oh il vino / delle tue labbra!”
Il lettore deve lasciarsi condurre con fiducia dalla mente fertile e lucidissima del poeta che organizza in questo “poemetto” uno spettacolo singolare per la perfezione delle ipotesi e del costrutto. Non c’è nulla di vero in quanto ci sta dicendo il poeta: non sta morendo proprio nessuno; non rintoccano affatto le cinque della sera e il poeta – con il beneplacito di Lorca – non ha alcuna intenzione di morire nell’arena indossando l’abito tragico del torero tirato a festa; e non c’è neppure alcun mostro orribile che stia attentando alla nostra vita o che stia rodendo le fondamenta della civiltà che ci accudisce. Ma quanta altissima tragedia della disperazione c’è in questi versi che il poeta inventa, con una danza assurda e perfetta tra la ragione e la sragione, la scienza e l’inganno, la conoscenza e la pazzia: tra la vita e la morte.
It is the poetry, baby!

Sandro Gros-Pietro

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