PREFAZIONE

Renato Gabriele è uno scrittore – e giornalista – che possiede molti registri di stile e altrettanti generi di scrittura. Scrupoloso saggista, critico d’arte e di letteratura, nonché facondo narratore autore, fra l’altro, dello straordinario romanzo Il comandante della caccia reale, egli è anche raffinato poeta, insignito di numerosi premi di livello nazionale. Inoltre, è drammaturgo, autore di lavori per il teatro.

Un tempo si usava con rispetto una serie di espressioni, che oggi appaiono riduttive e cadute di moda, quali “cultore delle belle lettere” ovvero “virtuoso della penna”. In realtà, tali locuzioni sottolineavano una egregia capacità di scrittura, praticata in nome della passione e non per professione. Nelle mani di Renato Gabriele la penna diviene una pietra focaia che lancia scintille. Il cursore scivola sullo schermo del computer e lascia una traccia che declina una quantità di cose diverse: saggezza, scienza, invenzione, follia, tradizione, ribellione. Dunque, un’affermazione e una negazione: il diletto della mente, nel gioco delle parole.

Apprendiamo dal titolo del libro che la facondia delle parole è unamala fata. Sicuramente lo è più nella considerazione delle persone comuni che provano un sentimento di timoroso disagio di fronte alla densità vorticosa del linguaggio, che non invece nella considerazione dello scrittore, che nel ribollire contrastato dei vocaboli si trova appena a suo agio. 

Va aggiunto che il titolo, mala fata, palesa una vocazione antifrastica non già per l’afflizione, ma per il suo esatto contrario, la gaiezza. Semmai, si tratta di un gioioso riferimento rivolto da Renato Gabriele verso il maledettismo italiano – che nei fatti e negli scritti fu una corrente letteraria in realtà molto buonista – stiamo parlando in generale della scapigliatura milanese e di Carlo Dossi in particolare, quest’ultimo, come si sa, fu un gran virtuoso dei fermenti e delle possibilità espressive della lingua. 

Levità e stupore sono i principali orientamenti di gusto con cui Renato Gabriele ha tracciato questi mirabili segni grafici di poesia, poco più che una caricatura del grande impianto poematico di cui la sua scrittura ha dato prova di essere capace nei precedenti libri di poesia. La nettezza e la semplicità del segnale linguistico fa da contrasto con il continuo capovolgimento dei significati profondi cui il verso allude, in un gioco di metafore che ogni volta sconvolge e rinnova il significato complessivo del messaggio. Un’autentica gioia per la mente.

Sandro Gros-Pietro

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