PREFAZIONE

I sedici racconti che compongono questo libro hanno tutti in comune la specialità di essere frutto dell’immaginazione. Non vi sono fatti di cronaca di grande dominio pubblico e neppure vicende tratte dalla biografia di personaggi della storia o della letteratura o di divinità della mitologia. Al contrario, il protagonista più ricorrente dei racconti è un uomo di età volta a volta variabile – anche dentro lo stesso racconto – ma tendenzialmente adulto, se non addirittura anziano, ed è contrassegnato dalla caratteristica dell’anonimato: è una mezza figura, che non risplende né per virtù né per casato; ma non è neppure una celebrità al negativo, infatti, non è né un assassino né un peccatore incallito. Insomma, ogni volta lo scrittore fa riferimento alla figura canonica di una “icona uomo”, come se fosse il modello in plastica del corpo umano usato per le lezioni di anatomia, e a brevi tratti definisce gli elementi essenziali specifici di una occasionale diversità rispetto all’archetipo: l’età, l’occupazione, qualche abitudine di vita, poco di più. Sappiamo che questa icona umana vive nel nostro tempo, all’interno di una città di media grandezza; ha una cultura media di buona consistenza, conduce una vita con scarse occasioni di mondanità, ma affrancata da ogni preoccupazione economica; possiede una straordinaria e intensissima vita interiore. Vale la pena di ricordare una celeberrima affermazione di Desideria, la protagonista del romanzo La vita interiore di Alberto Moravia: “nella vita pratica si agisce realmente, ma nella vita interiore tutto avviene simbolicamente”. A scanso di equivoci si chiarisca subito che L’amore sognato non ha nulla in comune con La vita interiore, ma c’è questo unico elemento unificante: una straordinaria vastità e profondità della dimensione immaginaria della vita. I protagonisti di questi sedici racconti vivono nella mente non solo l’amore, ma anche la maggior parte della loro vita.
Nel primo racconto il protagonista si unisce in matrimonio con una pianta, che le trasmette una pienezza appagante di attrazione sensuale. Nel secondo racconto assistiamo a un convivio di fantasmi. Nel terzo vedremo come un uomo potrà dedicarsi con convinzione al celibato e redimere il suo amico dalla schiavitù della carne, accettando di sacrificarsi e di immolarsi nella perdizione della carne con la moglie dell’altro. Nel quarto assisteremo alla convinzione del Kamikaze che per ottenere l’amore delle vergini fanciulle del Paradiso si fa saltare per aria in un affollato mercato. Nel quinto vivremo il sogno dell’orto campestre, realizzato per sfuggire ai veleni contro la salute e la morale diffusi nella città e vedremo come il protagonista, a conseguenza dell’amore per la campagna, si lasci irretire da una mondana, come capita al Professor Unrat nel nightclub dall’Angelo Azzurro. Il sesto racconto riguarda il misterioso furto di pensieri di un altrettanto fantasmatico ladro della mente. Nel settimo racconto si vedrà come l’icona-uomo possa trasformarsi in asino, lupo e armadillo sia per soddisfare sia per eludere gli appetiti erotici suoi e della sua amante. L’ottavo racconto ci narra la vicenda gentile e triste di una sposa canarina. Nel nono c’è una versione tutta nuova e riscritta del Settimo Sigillo, con un confronto con la morte, ma al posto del cavaliere crociato Antonius che adotta uno stratagemma per favorire la morte nella sfida e salvare la famigliola dei saltimbanchi immolandosi al loro posto, qui avremo l’adozione di un espediente, un deus ex machina, che interviene a favore del protagonista. Vedremo anche, nel decimo racconto, cosa succede se si è assaliti da una prugna gigantesca, assetata d’eros. Nell’undicesimo racconto assisteremo alla vocazione nevrotica e paradossale di Ansano di baciare le donne riprodotte sui manifesti della pubblicità, ma anche sugli annunci mortuari, nonché parlare alle statue, alle piante, agli angeli e ricorrere al telefono, per mettersi in contatto col proprio io. Il dodicesimo racconto ci descrive il percorso di liberazione di un uomo, che vuole affrancarsi da una donna che riversa su di lui una dose eccessiva sia di amore sia di cattiveria. Nel tredicesimo racconto si potrà seguire il protagonista in una convocazione onirica sia in Purgatorio sia, successivamente, in Paradiso, con un ritorno finale alla quotidianità giornaliera. Il quattordicesimo racconto, a metà tra il boccaccesco e il noir alla Poe, ci spiega come si fa a rinchiudere il diabolico organo maschile nella provvidenziale prigione femminile, ottenendo quali vantaggi e meriti. Nel quindicesimo racconto seguiremo la vicenda trasognata e psicologica di un amante platonico che invia mazzi di fiori all’amata al di là non solo del buon senso, ma anche della morte di lei. Fantastica conclusione, infine, con l’ultimo superbo racconto di riuscitissima ideazione e realizzazione, L’amore sognato, che dà giustamente il titolo all’intero libro, ove si legge delle elucubrazioni mentali con cui un vecchio avaro, maldestro e frustrato nei rapporti con le donne, architetti progetti matrimoniali con le figlie del suo migliore amico.
La grande capacità di narratore di Mario Rondi emerge subito nel livello di libertà interpretativa e di plusvalenza delle possibilità di collocazione che egli mantiene sempre accesa nei suoi racconti: il lettore non è mai costretto da una indicazione cogente dello scrittore di porre l’esatto confine della realtà e della immaginazione ovvero della verità e della finzione. Sono realmente accadute tali cose, quando, dove, e in quali misure? La risposta è sempre data da un sistema armonico di alternative e di possibilità consociate, come deve essere nei grandi esempi della letteratura, per i quali non si riesce mai a stabilire il ritratto definitivo di Don Chisciotte, e i confini tra il reale e l’immaginario in cui ha vissuto l’hidalgo, cavaliere della Mancia. Il lettore intuisce subito che non sta là, nella descrizione del reale, la bellezza dell’opera. Il reale, infatti, è collimato sull’immaginario, come fa l’artigliere, che collima il mirino del cannone sul campanile della chiesa, e poi calcola un angolo di devianza consultando le carte, e allinea la bocca di fuoco sulle linee nemiche, che stanno a dieci chilometri di distanza, al di là delle colline. Si spara con millimetrica esattezza su un obbiettivo che non si vede, perché c’è in mezzo un’intera collina. Similmente Rondi raggiunge con perfetta precisione l’obiettivo della sua scrittura, che è sicuramente la commedia umana alla Honoré de Balzac, mostrandoci tutta la sua attrezzatura scritturale che è orientata sul campanile della chiesa, cioè fuori di metafora è collimata sull’immaginazione, sul sogno, sull’invenzione più fantasiosa, quasi fantastica, come fosse una canarina innamorata e gelosa del suo amante umano. Ma il racconto scende a colpire come un proietto preciso l’autentico obbiettivo dello scrittore, che è il funzionamento della psiche umana, la rete delle emozioni e dei rapporti col prossimo, la gabbia degli interessi e delle paure della vita, il confronto drammatico e antagonista con la morte, la tensione tra la carne e lo spirito, lo spettacolo di ipnotizzante bellezza che esercita la natura sugli uomini, i quali ne restano affascinati fino al punto da fantasticare quali presenze oscure e poteri nascosti si nascondano dietro il paesaggio, tanto per usare un’espressione già cara ad Andrea Zanzotto. In questo genere di argomentazioni Mario Rondi ha sempre dimostrato di essere un autentico maestro di scrittura, sia in versi sia in prosa.

Sandro Gros-Pietro

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