Prefazione

Marco Benigno con L’Appeso sviluppa un autentico poema, con il racconto di una storia di fantasia, ma non per questo del tutto immaginaria. Infatti, la vicenda viene introdotta da un prologo che è quanto di più tradizionale possa essere enunciato in letteratura in fatto di artificio romanzesco: l’Autore trova inopinatamente un libro, e il testo che poi proporrà al lettore altro non sarà che l’esposizione di quanto egli ha rinvenuto e che è stato scritto non si sa da chi, né in quale luogo né in quale tempo. Il giorno del ritrovamento è il 17 di agosto, una data che presumibilmente può avere un valore criptico o personale, riguardo cui lo scrittore non ci dice nulla di più. Ma ci dice, invece, l’occasione: stava per imbarcarsi su una nave con destinazione l’Altrove. Nei migliori dei casi viene subito in mente L’Embarquement pour Cythère di Antoine Watteu, opera su cui sono stati rovesciati fiumi di inchiostro per dimostrarne compiutamente la poliedrica rappresentazione metaforica dell’altrove costruito dall’arte, ma viene anche in mente L’Isola dei Morti di Arnold Böcklin, altra opera marcatamente simbolista e metaforica, che rappresenta il viaggio in barca con approdo extra-mondano in un’isola cimiteriale ove si vive una vita che è altra cosa dalla realtà comune. È evidente fino dal prologo – un poco funziona da ouverture – che noi ci troviamo di fronte a un allontanamento dalla scena del mondo e a un avvicinamento a un sopra-mondo che non tarderà a rivelarsi per essere un viaggio cabalistico e interpretativo dell’origine misteriosa del creato, anzi della creazione stessa, le categorie della Luce e della Tenebra, del Bene e del Male, della Fortuna e della Disgrazia, della Salute e della Malattia, dell’Ordine e del Caos, dell’Obbedienza e della Ribellione. Dunque, è un viaggio verso la fonte autentica della sapienza e della conoscenza, al nocciolo primigenio della questione di ogni sapere. Significa, quindi, conoscere il Verbo che ha nominato le categorie che vigono nella mente divina in cui disperatamente l’uomo cerca di entrare. Anzi, dovremmo dire l’Uomo e indicarlo, quindi, con la maiuscola, per intendere una sorta di Oltreuomo nietzschiano che tenta con l’aiuto della sola ragione di impadronirsi di tutti i frutti dell’albero edenico della conoscenza, di carpire il mistero della creazione, utilizzando solo la filosofia, cioè il suo amore per la conoscenza. Questo Uomo è affiancato dal Poeta, che è animato da uno spirito di superiore sapienza rispetto alla filosofia, perché possiede la rara virtù di nominare le cose senza neppure conoscerle, cioè il Poeta è capace di superare la logica, al punto da sembrare folle ovvero illuminato da una visione di sicurezza inspiegabile con il metro della ragione. E accanto al­l’Uomo e al Poeta non può ovviamente mancare la Donna, la Primigenia, se vogliamo la Grande Madre oppure Eva, ma potrebbe essere anche Lilith, insomma la generatrice della creatura umana, che è l’unica creatura capace di avere consapevolezza non solo di sé stessa, ma anche del Creatore dell’universo. Una buona cosmogonia si deve basare sia sulla triade sia sull’unità, unum et trinum, e qui abbiamo tre enti che cercano di unirsi insieme per compenetrare l’unicità e l’unità dell’universo, nominato dal Verbo. Tale viaggio di conoscenza appare subito problematico da raccontare, perché molte pagine del libro sono andate perdute, il vento le ha scerpate, le ha disperse come le foglie di Sibilla, direbbe Dante, e hai voglia a ricostruire la logica ovvero l’intreccio delle cose, il tutto diviene un’interpretazione cabalistica enigmatica, simbolistica, metaforica, ma anche franta, interrotta, apparentemente contraddetta e contraddittoria. Inoltre le categorie nominate dal Verbo lottano fra loro, ci sono Angeli e Demoni che si disputano l’azione, e non è facile stabilire né chi vince né chi abbia ragione. Certo è che questi Angeli, decaduti in Demoni ovvero questi Demoni elevatisi in dignità di Angeli, hanno finito per colludere con gli umani, ci hanno fatto insieme una tresca, e ne sono derivati i Giganti, con poteri eccezionali, dei geni super-umani o sotto-divini che applicano il Bene e il Male con voracità e vocazione. È un bailamme davvero! Le scel­te sono al plurale, le interpretazioni sono oscure, le vie sono ottenebrate: questo Altrove sembra quasi una riproduzione in scala ingrandita della realtà quotidiana del mondo, in cui raccapezzarsi è tutt’altro che facile. Il viaggio cabalistico alla scoperta della vera conoscenza maschera il percorso e il contenuto de Il libro di Enoch, il testo apocrifo di origine giudaica che rappresenta una summa di scienza, religione e mitologia pre-cristiana. Si conclude nella figura ludica dell’Appeso, che osserva il mondo al rovescio, dal basso verso l’alto, in modo controcorrente, ma senza tragedia e apparentemente senza sofferenza, benché immobilizzato in una postura captiva e sacrificata.
Il poema di Marco Benigno racconta una visione cosmogonica di interpretazione della genesi del mondo, che si trasforma in una proposta letteraria di avventura poetica sulle possibilità di invenzione della parola e del fascino creativo della fantasia: un esempio bene riuscito di “transumanare” verso espressioni che superano il messaggio della comunicazione e che si aprono alle infinite possibilità di invenzione dei modi e dei mondi.

Sandro Gros-Pietro

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