Prefazione

La meditazione di Walter Chiappelli inizia sul significato della Morte e conduce allo sbocco della vita. Scrive il Poeta: “… Chi non compie atti estremi / d’amore, non penetra nel profondo / la sorgente della vita… // Né comprenderà mai la gran lezione / della Maestra Morte / che rivela alla nostra mente inquieta / la grazia della vita perché è sacra / in tutti, sempre“. La riflessione sulla morte è lo spunto di partenza per intendere il significato profondo ed esteso della vita. Viene in mente Franz Kafka, con la sua riflessione confidenziale riguardante il dilemma di “scrivere per potere morire ovvero morire per potere scrivere”, dove la scrittura sostituisce (o me­glio sublima) il significato “profondo ed esteso” del­la vita. Hegel scrive che “Il primo atto con cui Adamo si rese padrone degli animali fu di imporre loro un nome, vale a dire li annientò nel pieno della loro esistenza”: la scrittura si sostituisce alla vita. Stephane Mallarmé nel suo Igitur ou la Folie d’Elbehnon riprende la riflessione del rapporto tra la morte e la vita, in cui si inserisce la scrittura come interruttore che cambia la direzione della corrente, il flusso dalla vita alla morte si muta nel flusso dalla morte alla scrittura (o viceversa) e conclude che “un coup de dés jamais n’abolira le hasard”, che detto in parole povere significa che la genialità dello scrittore non riuscirà mai a liberarsi del fatto che la morte è un hasard inevitabile e irrimediabile, e ad essa non c’è scampo. Si inizia così il versante nichilistico della cul­tura moderna: “tutto è nulla”. Se si riflette sull’espressione “tutto è nulla”, la mente umana, come prima conseguenza, applica subito la proprietà simmetrica dell’uguaglianza, in base alla quale “nulla è tutto”: cioè, qualsiasi nullità rappresenta la pienezza dell’essere. Questo pensiero, che rovescia il tetro pessimismo dei nichilisti, è già presente nel più sconvolgente libro della Bibbia, il Qohelet, ovvero l’Ecclesiaste: “tutto è nulla, ma tu godi del nulla che ti procuri perché esso è ogni cosa possibile”. Il tema della fede, che è negato dai nichilisti moderni, i quali, con Nietzsche giungono ad affermare la morte di Dio e la solitudine nell’universo del Superuomo, non è, invece, messo in discussione dal nichilismo biblico del Qohelet, perché anche la fede rappresenta quel “nul­la” che l’uomo riceve in dono dal creatore, e il nulla è espressione del tutto, perché si identifica con il tut­to per la proprietà simmetrica dell’identità.
Su questa semplice, ma inossidabile, riflessione si basa l’identità di Walter Chiappelli tra la Morte e la Vita, con la scrittura che funziona da interruttore. La Morte, che tutto cancella, non cancella assolutamente nulla, per il principio di identità tra Morte e Vita. È questo l’Igitur di Chiappelli; è questo il Quin­­di da cui prende abbrivo la sua poetica. Ne di­scende come conseguenza un canto elegiaco verso la creazione. E tale canto, nel suo acme espressivo, di­viene il canto angelico del silenzio. La musica, nella sua valenza assoluta e superiore a qualsiasi idea espressa con la parola, è il canto della vita, l’armonia suprema dell’universo, ma è anche il Caos oscuro che la creazione ha illuminato di luce accecante. Non c’è un Superuomo nicciano abbandonato a godersi l’ebbrezza del suo potere in disperante e solitaria esaltazione delle sue capacità. Ma al posto c’è quel “tutto che è nulla” e viceversa, di cui il poeta ci spiega l’essenza umana: “Uomo?: parola consistente / se pensi alle mani / agli occhi al cervello / alle tante cose / che fanno di me di te / di tutti i viventi / quello che siamo / e che non siamo: // immagini carnali frangibili / sprigionanti fulminìo di pensieri / illuminanti realtà / sfuggente ad ogni luce, / ad ogni ferma legge: //come capire se anche / noi sfuggiamo a noi stessi? // Ma l’amore è realtà incancellabile / che di noi fa creature dolcissime / e vere nell’intimo / atto sperduto nella felicità”. La luce è la forza della creazione che squarcia le tenebre del Caos: “Emblematica è l’oggettività del sole // […] / Emblematico è l’inquietante mistero / che integralmente avvolge in noi noi stessi / e presto avvolgerà di noi viventi / poco più che se stesso: // un dilagante vuoto di silenzio / e quattr’ossi immobili”. E c’è l’immagine di Cristo, che buca la storia degli uomini: “E Cristo disposto splendidamente / nello spazio breve-infinito / della mente della creatura / ch’è immagine di Dio in terra, / e in cielo nulla… // […] // Cristo è specchio di cristi spesso inauditi // […] // Dov’è Cristo?: (“nell’uomo”). (“nella donna”): (… /.”
Il discorso poetico di Walter Chiappelli è la soluzione gordiana del dubbio amletico, cioè della domanda inquietante del Principe di Danimarca se sia meglio “essere o non essere”. Alla luce di quanto è stato fino ad ora esposto appare evidente che, nella totale partecipazione dell’essere umano al nulla e al tutto della Morte e della Vita c’è un’identità tra l’essere e il non essere, come spiega il Poeta: “Siamo; non siamo; // solito interrogativo / fluttuante punto-luce, questo, / splendente nella tenera carne nostra / e qui e là, per gli spazi consueti o meno // Per gli spazi consueti o meno / meditare, vivere quotidianamente / l’essere o il non essere / che s’agita dentro i nostri occhi oceanici / ch’è al di fuori dei nostri occhi insaziabili // Meditare; vivere / la gente ch’è sempre enigmatica / il pressante dolore che spesso irradia sangue;”.
La poesia di Walter Chiappelli diviene in Me­ditare, vivere una sovrapposizione della poesia sulla filosofia e vale il viceversa, con la sovrapposizione della metafisica sul canto elegiaco delle bellezze della vita. In Chiappelli il concetto di Vita è “profondo ed esteso”, ed è principalmente illuminato dalla forza dell’amore, che è legame di carne-spirito indissolubile, e che si esalta sia nella passione della sensualità sia nell’elevazione del pensiero, in un continuo rinnovarsi del dono di sé, fino al punto di rigenerare la vita in una dialettica di eterno contrasto e di rincorsa con la morte. Ma la forza dell’amore si sviluppa anche con un insieme di ricadute e di teoremi corollari, quali il trionfo della giustizia sull’ingiustizia, la vittoria della bontà sulla violenza, la supremazia del coraggio sulla paura, la celebrazione del Sole e della Luce, che in accordo con la Musica, rappresenta l’autentica visione della creazione e quindi dell’universo intero.
Walter Chiappelli ha saputo indorare la poesia italiana del secondo Novecento e del primo quarto del Duemila con un glorioso inno alla vita e all’amore, in tutte le sue forme; ha saputo poeticamente fare risuonare le trombe degli angeli che annunciano la gloria di Dio e ha portato in questo scorcio di fine secolo e di inizio del nuovo, così marcati dal pessimismo e dalla decadenza della gioia di vivere nel vizio assurdo della perdizione di sé stessi, l’entusiasmo lucente e vincente per la vita, difesa e sempre rinnovata in tutte le sue più libere, dolci, armoniose forme di amore.

Sandro Gros-Pietro

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