PREFAZIONE

La poesia di Adriana Mondo si sviluppa attorno a due poli principali di attrazione, che sono la natura e le vicende degli uomini. Ma questi due mondi, apparentemente contrapposti, si fondono in quell’unico canto d’erosione che è posto come introduzione all’inizio del libro: l’erosione rappresenta il consumo della vita che a sua volta dipende dall’uso che se ne fa e dallo spettacolo che ne deriva. La vita si consuma nella sua drammatica bellezza, che può essere estasi di dolcezza, ma più sovente è tragedia di violenze. Tuttavia, nel mondo della natura, la bellezza è palpitante per ogni dove: “il prato, il sentiero, la riva che segui, / torno essere erba, trifoglio, / le mie radici sanno ancora di frumento, / e vanno oltre la dolce memoria degli avi, oltre il respiro del tempo.”. Ma accanto alle visioni solari incombono anche le sensazioni algide di gelo e di silenzio: “Il profumo di sonno d’inverno / accerchia le fredde ciglia. / Tutto tace nell’immensa distesa bianca, / vergine aria abissale / spinge l’anima verso l’alto / nel suo celeste fremito immortale”. Nella poesia si apre una proiezione d’orizzonti temporali infiniti e di viaggi nel tempo che si disperdono in coniugazioni alternate di presente e di futuro. Adriana Mondo si nutre di sogni: “Io in pace mi nutro di limpidi sogni. / Io riabbraccerò le muse supreme.” La vita viene intesa come un dolce dono. “Ogni giorno che nasce / è un frammento di tempo / che la vita ci dona”. Ma, per quanto concerne il secondo polo di attrazione cui abbiamo accennato, la catena delle violenze nelle vicende umane inanella i fatti e le persone in un solo infinito nastro di sofferenza: “Ti rivedo ragazzo spaurito, là sui monti, alla ricerca della verità. / […] / Lacerato da quello sparo, cadesti sulla neve / fresca che tutto ricoprì di pace”. Altrove, ove si parla del crollo delle Twin Towers, i toni della tragedia raggiungono l’apocalisse: “La città intera quasi spettrale / sorge pietrificata / Luce di luna, nei vicoli, nei borghi / si ferma attonita. / C’è un cielo che urla fango…”. Tuttavia, le vicende umane sono anche protagoniste di opere e di ambientazioni magiche, che ispirano dolcezza ed estasi al pari degli incanti della natura. Caso esemplare è quello di Venezia, città che riunisce nel suo unico paradigma la bellezza naturale della laguna e la stratificazione di mirabili gesta compiuta dagli uomini nel consumo dei secoli: “Venezia o Eletta antica e futura, / sorgi dalle dimore avite e sognate / ogni giorno risplendi di luce divina / donandoti al mondo intero / per un sogno che mai finirà”.
La poesia di Adriana Mondo si è resa negli anni esperienza vasta e approfondita delle molte letture fatte dall’autrice, dei diversi percorsi di sogno e di interpretazione poetica del mondo o di deformazione metaforica della realtà, fino a rendersi testimonianza dello spettacolo di attualità della poesia moderna, per un lato fascino della natura e per l’altro lato dramma della storia.

 

Sandro Gros-Pietro

 

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