PREFAZIONE

C’è una poesia immortale, ed è quella scomposta dei battiti, non ancora domata dalla retorica. Una poesia scritta sulla tela delle nuvole in dialogo con chi si immagina di abitarle. È con questo spirito sognante che deliziosi studenti han­no partecipato annualmente al Premio di Poesia “Giuseppe De Marco”, volendo omaggiare il Maestro, l’Amico, la figura del Professore che di sé ha lasciato tracce indelebili prima di intraprendere il viaggio verso l’immortalità, come testimoniano versi spesso sorprendenti, carichi di purezza, di emozione, di sincerità assoluta e nuda, fino alle lacrime.
Insieme, in questi cinque anni irripetibili segnati dall’assenza, ci siamo arricchiti e nobilitati, abbiamo gioito e sofferto, stringendoci nel ricordo, nel suo nome, dando spazio assoluto alla parola spontanea (per quanto possibile sia l’essere spontanei in ogni forma d’arte), affinché potesse struggerci di quella bellezza autentica che tanto appartiene al regno dell’adolescenza e al regno sapienziale dei saggi che è ancora il suo felice regno.
Rileggo, ora, i testi – vera e propria antologia, raccolta che è a suo modo “museo e manifesto”, per dirla con le parole di Edoardo Sanguineti – e mi sembrano così sorprendentemente riusciti, così vibranti, eroici, oserei dire miracolosi, se solo riuscissi a credere nei miracoli.
Al lettore, dunque, come per ogni opera, il compito di portare avanti il lavoro del “poeta”, aggiungendo i propri si­gnificati, le proprie riflessioni teoriche e critiche, le proprie emozioni a questi canti di vita che vogliono accostarsi ad ogni cuore gentile per ricordargli che l’esistenza è anche (soprattutto) poesia e che c’è ancora una possibilità per i sentimenti, perfino in un mondo così pervaso dalla digitalizzazione e in­gabbiato dal desiderio di apparire, quando in verità solo conterebbe l’essere.
Caro Giuseppe, abbiamo per te scritto pagine d’amore affinché tu possa tenerle sul comodino, lì dove si tengono i libri unici, e di tanto in tanto leggerle a sera, prima di andare a letto, per meglio ricordarti dei tuoi ragazzi e degli amici con i quali dialogavi e dialoghi esclusivamente in versi.

Menotti Lerro

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