Questa monografia su Pirandello e “La coscienza captiva”, attraverso un’acuta esegesi psicoanalitica, delimita tre aree fondamentali della produzione pirandelliana.
La prima area, quella che afferisce alla poesia (1882-1912), consegnata all’oblìo dalla critica ufficiale e considerata “un’esperienza ai margini”, viene esplorata, in questo studio, attento e rigoroso, con la chiave di lettura della bi-logica matteblanchiana, disvelando i segreti della coscienza nel suo incessante gioco di maschere.
La seconda, la fase centrale del Teatro (1921-1922), prende in esame il viaggio à rebours dell’Enrico IV, colto dai fantasmi dell’immaginazione e dalla sua incontrollabile follia, nell’intersecarsi simultaneo del rinsavimento e della dilacerazione dell’io.
La terza, quella del “Teatro dei miti” (1936), viene analizzata mediante l’ottica della simmetrizzazione di Ignacio Matte Blanco, sia come logica destabilizzante sia come “istante di felice delirio”. La triangolazione della monografia è tutta giocata sul doppio registro dell’altro da sé e sulle complesse declinazioni dell’alterità, mentre l’agnizione della follia è interrelata all’inquietante dissoluzione del personaggio e alla sua coscienza dimidiata.
Tutto lo scenario dell’universo pirandelliano viene indagato, con fine acume, da Carlo Di Lieto, mediante la nuova strumentazione psicoanalitica della bi-logica, delineando originali percorsi di ricerca sul mistero del doppio e sull’imperscrutabilità dell’io diviso.

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