Prefazione

Giunto al suo ultimo libro di poesie, il poeta Gaetano Pizzuto dimostra di avere tracciato un percorso coerente e manifesto che ha l’intento di decantare il trionfo della poesia sulla logica e celebrare la vittoria del sogno sulla realtà. La magia della poesia riesce a realizzare esattamente queste due vittorie dell’uomo sulle leggi che regolano la realtà: inventare un ragionamento analogico, e moltiplicare le dimensioni del reale grazie al sogno. Si ottiene così una ambientazione poetica del discorso di conoscenza del mondo, che attiene a una sopra-realtà in­finitamente più ampia, ricca e fantasiosa di ciò che ci circonda.
Questa nuova opera in versi di Gaetano Pizzuto si presenta subito con le caratteristiche dell’opus magnum, cioè della Grande Opera riepilogativa e perfettiva, che si pone come scopo di fornire la visione completa del “mondo poetico” dell’autore. Dovremmo chiamarlo: universo poetico, secondo la locuzione classica che si adopra per indicare la summa della forza creativa di un determinato autore. Infatti, riferendoci ai grandi classici, normalmente si parla dell’universo di Omero oppure dell’universo virgiliano e ancora dell’universo dantesco e via di seguito. È un’espressione che non indica tanto la raccolta completa delle opere scritte dell’autore in questione, quanto piuttosto l’insieme canonico dei modelli di stile, di contenuto, di riferimenti e di derivazione dell’ars poetica esplicitata dall’Autore, manifestata con assoluta prevalenza all’interno della globalità della sua produzione. Così si è portati a pensare che l’universo omerico sia rappresentato dalla grande epica eroica della mitologia greca; l’universo virgiliano è rappresentazione dalla grande storia di Roma; l’universo dantesco è la celebrazione della gloria luminosa del cristianesimo all’interno della civiltà umana.
L’opus magnum di Gaetano Pizzuto vuole immediatamente trasmetterci l’idea della pluralità dei mondi possibili, con un concetto di molteplicità che è tipico dell’era contemporanea. La modernità, infatti, ha frantumato tutte le unità che esistono nella nostra tradizione culturale e le ha scomposte in una serie di pluralità. Anche la realtà stessa, in cui viviamo quotidianamente immersi, non è più rappresentabile con una sola e unica formula, ma al contrario si appalesa in una visione caleidoscopica di tante interpretazioni particolari differenti e contemporaneamente coesistenti. Gli stessi scienziati, per descrivere l’immensità astrofisica del creato, sovente adottano la formula quasi misteriosa di universo a stringhe, per dare conto della moltiplicazione a frange di tante possibili realtà differenziate. In questo clima di “coabitazione con le diversità”, ecco allora che il poeta Gaetano Pizzuto ci presenta i suoi versi, che rappresentano un concetto innovativo e moltiplicativo del tradizionale universo poetico d’autore: è l’apprezzamento della pluralità dei modi di essere come misura e come conoscenza del mondo. Tuttavia, la novità dell’impostazione di Pizzuto non deve portarci a suppore che l’Autore rinunci in toto alle tradizioni del nostro glorioso passato letterario. Infatti, la prima considerazione da fare davanti a questa nuova raccolta, è la cura architettonica sviluppata da Gaetano Pizzuto nella costruzione del suo opus magnum.
Non va scordato che Gaetano Pizzuto, anche se piemontese per educazione abitudini e amicizie, si porta nel sangue l’imprinting della sua terra di origine, la Sicilia. Il che significa che c’è in lui quella atavica sapienza di vivere che gli deriva dall’essere figlio di una delle più antiche e splendenti civiltà del Mare Mediterraneo, cui si aggiunge la passionalità emotiva per una definizione solare della bellezza, costruita sugli incanti della natura, il gioco delle luci e dei colori, l’inafferrabilità e l’indicibilità della bellezza femminile, avvertita come potenza enigmatica di fertilità e di continua rigenerazione dell’intero universo. Tutto ciò porta Pizzuto a conclamare la sua ricerca del bello in poesia con un discorso sempre tracciato sull’orlo del reale, anzi in una continua tendenza al superamento della materialità delle cose, non già co­me via di fuga dal mondo, ma come suprema esaltazione del mondo stesso, grazie a una rielaborazione me­taforica e iconografica delle cose e delle persone, degli animali e delle piante e dei paesaggi. Nella poesia di Pizzuto, ogni cosa diviene qualcosa in più della somma complessiva delle cose, perché si realizza il ra­gionamento analogico della poesia che consiste, principalmente, in una deformazione arricchente della realtà che ci circonda.
I pilastri portanti dell’architettura poetica di Pizzuto sono il sentimento della nostalgia e della bellezza come evocazione memoriale proveniente sia dalla storia dell’umanità sia dall’esperienza personale; la vocazione alla riflessione solitaria come fonte di conoscenza pro­fonda; l’incantamento del creato come concorso di cielo mare e terra. La caratteristica principale del linguaggio poetico di Pizzuto è l’uso straordinario e prorompente della metafora, che è chiamata non solo ad abbellire e a illustrare il discorso, ma a divenirne scheletro portante e autentico strumento di espressione, autonomo e sufficiente, dell’intero costrutto argomentativo. Ne deriva che l’impianto poetico di Pizzuto è molto vicino a quello simbolistico, e ciò a causa della traslazione continua che fa il poeta circa il significato dei vocaboli, i quali so­no deviati dalla loro competenza originaria verso un’espressione figurata e simbolica. Non è simbolista, invece, la ragione argomentata del discorso, perché non c’è una fuga dal mondo reale e non si tenta alcun approdo in altri mondi visionari. Anzi, il desiderio concreto e coerente di Pizzuto è di rimanere legato alla realtà del mon­do e del tempo, ed è sempre esercitato con pertinace insistenza. Ma è come se il poeta pensasse che, per andare completamente a fondo delle cose, si renda necessario sopra-vedere ovvero dentro-vedere rispetto alla apparenza esteriore e, quindi, si renda necessario chiamare le cose con dei simboli figurati, che appaiono meno compromessi dei vocaboli usurati e appiattiti dal logorio dell’abitudine.
Tuttavia, è anche vero che per esprimersi compiutamente il poeta deve essere “colui che trascrive i pensieri”, cioè – se sviluppiamo questa altra metafora – il poeta è colui che codifica il linguaggio, in modo da farne cosa diversa dall’uso comune dei vocaboli, essendo questi ultimi destinati a essere le dantesche “foglie di Sibilla”, confuse e di­sperse dal vento. Le parole del poeta, invece, non esauriscono mai la portata del loro messaggio, perché sono codificate nell’espressione profonda delle cose, a tal punto, dice il poeta, da collocarsi nelventre delle passioni”. La formulazione del linguaggio poetico è, dunque, sempre nuova, ma è anche sempre antichissi­ma, giacché – a differenza delle parole di uso or­di­na­rio – non se ne smarrisce mai la memoria, al punto che la fonte della poesia si confonde con la mi­tologia, ed è per questo motivo che Gaetano Pizzuto, co­me è descritto nella poesia L’illuso di sempre, si rivolge alla poesia, apostrofandola con l’espressione Tu sei Musa, ispiratrice di canti, cioè la poesia è addirittura una pre-musa, ossia un discorso che si pone a monte di tutti i discorsi possibili.
In questo mondo del poeta, che non dimentichiamolo, è l’espressione profonda e veritiera del mondo esistente, Tutto è dolcezza, tutto è carezza / e l’amore lascia orme… nell’anima. E il poeta si può definire come il pellegrino errante, che è testimone convocato ad avvalorare la bellezza del creato.
Il percorso del poeta, dunque, non è destinato alla gloria cioè alla conquista del vello d’oro, ma non è neppure speso in un fortuito razzolamento estetico per disparate mete. Al contrario, il percorso del poeta è mirato ai “cari deschi di poveri focolari”: se si traduce la metafora, significa che la funzione del poeta è quella di riscattare la bellezza nella semplicità e di celebrare la ricchezza dello spirito nella povertà dei mezzi materiali. Se vogliamo, si può riscontrare un valore etico della poesia, consistente nella difesa dei deboli, dei più sfortunati, di coloro che sono nell’ombra o che addirittura sono attanagliati dal dolore spirituale di vivere – ovvero dalla sofferenza reale di terribili malattie, come è documentato in Nebbie d’assenza e in Pallide stanze d’attesa e anche altrove – ovvero dalla ristrettezza materiale delle possibilità. Ma non è da credere che questo messaggio di socialità e di civiltà sia l’espressione principale del discorso poetico di Pizzuto, che invece trova nel canto di meraviglia e di contemplazione rivolto alla na­tura le espressioni più trionfanti, come si legge in Luminosi scenari o Soavi risvegli.
Il sogno è la tematica più diffusa dentro la poetica di Pizzuto. Si tratta di un sogno rammemorato ad occhi aperti, rivolto all’incanto di vaghezza suscitato dagli amori del passato, ma ancora più sovente è il sogno de­dicato alla fede in un mondo migliore, in gran parte ri­producibile su questa terra e affidato all’opera degli “uo­mini di buona volontà”, alla loro onestà e al loro operoso impegno di costruire il benessere per alleviare le pene di chi soffre. Ma ancora di più è il sogno da realizzare pienamente nella continuazione della vita al di là della vita stessa e, quindi, in una dimensione metafisica, che la poesia può raggiungere senza perciò automaticamente trasformarsi in una preghiera o in un salmo. E con questa osservazione arriviamo a presentare la scala conclusiva più alta di valori cui tende la poesia di Pizzuto. L’ultimo gradino di elevazione di tale scala è una visione piana e confortevole dell’approdo metafisico cui tendenzialmente giunge – quasi sempre – il pensiero analogico della poesia, cioè il porto della quiete foscoliana, che non si raggiunge con la certezza confessionale e catechista nella fede religiosa, ma che è fornito da uno sbocco superiore alle grandi contese dello spirito verso un approdo supremo di pace e di accettazione dell’armonia universale del creato e delle sue creature. Questo, è il viaggio fantastico di Pizzuto diretto verso il luogo della bellezza suprema della poesia.
Il poeta Gaetano Pizzuto non si prefigge di istruire una di­mensione metafisica dell’Essere né di impartire al lettore una lezione sull’esistenza sovrumana dell’Eterno e sulle declinazioni dell’Assoluto. Lo si intuisce per sottolineare una condizione di ordinaria umanità, condivisibile da tutti gli esseri umani che abbiano a cuore la costruzione di una propria educazione sentimentale, per dirla con Gustave Flaubert, cioè una particolare sensibilità nel sentire le dinamiche dell’animo umano e una vocazione conclusiva a ricapitolare i capisaldi della propria esperienza terrena. È ciò che avviene a Frédéric Moreau nel capolavoro di Flaubert, L’Éducation sentimentale, ed è quanto prospetta Gaetano Pizzuto nel suo splendido libro di poesie: impostare la vita come fosse l’occasione unica e irripetibile per affinare i sentimenti umani di relazione con il prossimo e con l’ambiente, per poi trarne una conclusione. Il messaggio conclusivo che scaturisce dalla lettura del libro è la vittoria dell’amore come la sola luce capace di illuminare l’esistenza degli uo­mini. L’amore illumina non solo la vita, in tutta la sua interezza, ma si spinge anche oltre la vita.
Il libro è costruito in forma di poema, in quanto molta attenzione è rivolta allo sviluppo tematico del contenuto, il quale a sua volta è inserito in una forma contenitrice studiata con armoniosa cura: si tratta di trentadue brevi canti ciascuno composto da cinque stanze. In totale si contano centosessanta poesie. L’obiettivo dell’intero opus magnum è quello di elogiare in forma poetica i valori fondanti della vita, che si ripetono sempre nell’esistenza di ogni uomo dei nostri tempi. In tal modo si spiega il motivo per cui il Poeta parla di “teoremi d’eternità”: si tratta di un’educazione sentimentale che è applicabile, nei tempi della modernità in cui viviamo, in modo continuo e universale. Infine, non va sottovalutato il fatto che, seguendo un’inclinazione non nuova nella storia della Poesia, ma anzi particolarmente diffusa e praticata in tutto il Novecento, il Poeta ha realizzato un’alleanza creativa con il pittore Giampaolo Muliari, per cui ognuno dei trentadue capitoli o canti è caratterizzato da un’immagine liberamente interpretativa del contenuto svolto nelle cinque stanze di ogni canto.
Appare evidente il criterio di ordine espositivo del libro, che è appunto scandito in trentadue sezioni, ciascuna composta da cinque poesie. Si tratta certamente di una cura formale che demanda alle cosiddette “forme chiuse” della Poesia italiana, in base al criterio fondante da parte del Poeta di pensare e di progettare un contenitore “chiuso” del discorso poetico. La chiusura non sta tanto nell’adozione di una metrica predeterminata, con la misurazione severa dei versi scanditi in un numero prestabilito di sillabe e poi riuniti in strofe predeterminate secondo degli stilemi fissi. Nulla di tutto ciò, in quanto abbiamo una determinazione del “contenitore poetico” che è studiata come congiunzione seriale di “carrozze poetiche”: ogni sezione assume la fisionomia di una “carrozza” contenente cinque scomparti poetici. Anche gli scomparti – fuori di metafora, intendiamo le singole poesie – pur nella loro libertà di composizione, denotano una cura formale molto esercitata: c’è uno sviluppo poe matico sostanzialmente equivalente, con l’uso di un verso che è quasi sempre calibrato sulle dimensioni di un “ipo” oppure un “iper-endecasillabo”, con dimensioni massime contenute tra il minimo del settenario e il massimo del doppio settenario o poco di più ovvero di meno.
L’opus magnum di Gaetano assume così la forma ideale di un treno in corsa, con la sua luminescente serialità di carrozze poetiche, le une agganciate alle altre, intervallate dalle immagini illustrative di Giampaolo Muliari, e queste ultime ricostruiscono con garbo una divagazione artistica di interpretazione e di sogno sui paesaggi dell’anima che il Poeta va esplorando. Al centro del viaggio poetico che è rappresentato nella raccolta vi è la tematica fondamentale dell’amore, come esploriamo in tutte le sezioni.
Il primo capitolo si nomina Estasi sublime e svolge la funzione dell’ouverture tipica delle opere liriche: serve a introdurre il Lettore nell’atmosfera di so­gno e di attesa, sospeso tra la dolcezza dell’amore e la malinconia del passato, che caratterizza tutta l’opera. I capitoli Amore infinito e La stagione dell’amore rinnovano il sentimento del sogno e la nostalgia del ricordo di cui si è detto, declinandolo nelle for­me delicate e luminose dell’eros. Nell’incanto della sera e Avvolti dalla notte rappresentano le scenografie predilette dal Poeta per intonare il suo canto musicale di nostalgiche armonie dedicate alla bellezza del mondo e alla dolcezza dei rapporti umani, che intonano un canto di attualità dedicato alla bellezza ordinaria della vita, osservata nelle occasioni di vita comune che ci possono sorprendere e stupire per la loro soavità semplice e impagabile, come si legge anche nei capitoli: Tra i meravigliosi scenari del paesaggio, Soavi rintocchi, Momenti di tenerezza e Gli arcani fremiti dell’anima. Al riguardo, c’è un’attenzione particolare del Poeta rivolta alle metamorfosi dei paesaggi naturali causate dall’alternarsi delle quattro stagioni, come nelle composizioni musicali di Antonio Vivaldi, dedicate a Primavera, Estate, Au­tunno, Inverno, nelle quali si alternano i motivi di rigoglio e splendore con quelli nebbiosi e umbratili al variare delle condizioni climatiche e degli umori del Poeta, ove il sentimento della natura, inoltre, è sviluppatissimo in tutta la raccolta, fino al punto di divenire un filo rosso che marca l’intero viaggio poetico compiuto alla scoperta dei paesaggi dell’anima di cui si è già detto. Con i capitoli Teoremi d’amore, L’essenza dell’amore e Brividi d’amore riesplode il canto nel trionfo delle emozioni e dei sentimenti, che perdurano oltre il logorio del tempo. Accanto alla tematica dell’eros, trova tuttavia ampia trattazione anche il tema della condivisione partecipativa ai destini comuni della collettività umana, senza distinzione di razza, di sesso o di censo, in base a quel sentimento cristiano che si può definire l’agape, cioè una sorta di convito fraterno esteso universalmente, come viene sviluppato nelle sezioni I tormentati figli di questo mondo e Siamo anime di vetro.
Sulla lunghezza d’onda dei ricordi del tempo passato è impostata anche la sezione che si chiama Prigionieri dei ricordi, nella quale è inclusa l’accorata stanza dedicata agli Invincibili del Grande Torino, scritta nel 70° anniversario della tragedia di Superga, avvenuta il 4 maggio 1949: “Nella valigia vi siete portati l’amore, / il pianto e il rimpianto del mondo / e giun­ti alla soglia, vi siete voltati / per un ultimo sguar­do… laggiù / a quelle gradinate d’arena vuote / senza più inni, echi, senza bandiere”. La sezione Oltre le alte mura della sofferenza è dedicata alla speranza che l’umanità riesca a traguardare gli oceani di cattiveria e di malvagità che separano le genti e che si componga un comune pensiero di armoniosa unità. Il capitolo Nell’eccelsa sinfonia della natura riprende i motivi elegiaci di ispirazione bucolica e virgiliana nel­l’ammirazione della natura, per lo più osservata nello splendore dell’estate. Invece, nei ca­pitoli Attimi d’eternità, Karmiche armonie e Introspettive meditazioni ripropone una dimensione di in­timità lirica e di armonia del sentire, in una naturale estasi con la natura.
Adolescenti emozioni e Le dolci ali della giovinezza sono canti che intonano i ricordi alle dolci emozioni del passato e il tema leopardiano delle ricordanze è sicuramente uno dei capisaldi del Nostro Poeta, il quale sdipana un percorso della memoria che risale fino agli anni dell’adolescenza. Il capitolo La canzone dell’amore perduto rivela apertamente la nostalgia e il rimpianto delle serene e intense ore d’amore vissute in un passato che ora sopravvive solo in tenero ricordo. Anche il capitolo Indelebili echi di nostalgia, è dedicato a rinnovare l’incanto delle ore felici, sovente trascorse in una cornice prodiga di mille incantamenti.
Una delle tematiche maggiormente illustrate, come si evince dalla titolazione medesima dell’intera raccolta, è senz’altro quell’appercezione dell’entità inconoscibile posta al di là del “confine del cielo e delle stelle” – per indicare la locuzione socratica riferitaci da Platone nel libro La Repubblica – ove si parla del mondo iperuranico delle idee perfette, dell’essenza che è nozione differente dall’esistenza, cioè un concetto di insondabile eternità o di indefinita durabilità che da sempre affascina la mente umana, costretta a vivere in una realtà fugace e passeggera, ma con l’anima rivolta a una nozione di permanenza resistente oltre il consumo e il degrado della vita. Ecco, allora, che questo tema, sostanzialmente orientato a un orizzonte metafisico, trova sviluppo nelle sezioni Consonanze interiori, Tra le braccia dei sogni,Poeti, eterni sognatori e Nel magico Universo degli Artisti.
La poetica di Gaetano intona un canto di attualità dedicato alla bellezza ordinaria della vita, osservata nelle occasioni di vita comune che ci possono sorprendere e stupire per la loro soavità semplice e impagabile. sono testi di candido nitore poetico tracciati tra l’amore e la riflessione, sospesi tra i ricordi e l’attesa, come è nello stile sempre riconoscibile e personalissimo di Gaetano Pizzuto, autore di straordinaria dolcezza lirica e purezza di sentimenti, che ha saputo con continuità costruire un mondo incantato di sogni compiuti ad occhi aperti, con la dichiarata intenzione di contribuire a edificare un futuro migliore per l’intero mondo.
In verità, come il Lettore non avrà difficoltà a verificare, le tematiche svolte sono ben più numerose di quelle cui qui si è potuto accennare per non esondare in una trattazione saggistica che, in questa sede, finirebbe per appesantire la svettante architettura poetica del viaggio compiuto da Gaetano Pizzuto con le sue “carrozze di parole e sogni”. Ma non basta, perché va anche aggiunto che ogni sezione tratta contemporaneamente più tematiche differenti per cui l’offerta poetica è davvero molto bene studiata e distribuita in queste delicate e tuttavia profonde pagine di Poesia, nelle quali la rappresentazione dell’intero universo è costruita con una particolare denominazione personalizzata dei Versi.

Sandro Gros-Pietro

Dimensioni 205 × 135 cm
Anno Edizione

Mese Edizione

Gennaio

Autore

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