Sociality si può definire come una tragedia “ad alta tensione”, un thriller psicologico, dove la scelta della forma teatrale non è tanto finalizzata alla rappresentazione quanto ad annullare le distanze dal lettore. I componenti di una famiglia benestante apparentemente felice confidano i loro pensieri reconditi a un’ombra anonima che utilizzerà tali confidenze per gestire e controllare le loro vite, carpendo la loro fiducia e mettendoli l’uno contro l’altro fino al terribile finale. Si tratta di un’allegoria della società digitale, in cui l’uomo appare come una marionetta, un contenitore di dati alla mercé di un’oscura presenza che manovra la sua esistenza fino alla distruzione. A fare da contraltare ci sarà il coro della tragedia greca, che interverrà nei momenti di svolta a sottolineare la distanza del mondo moderno dalla visione sacra e umana dell’antichità. Grazie all’essenzialità e immediatezza dello stile, il lettore sarà immerso nella drammatica sovrapposizione di voci che, dentro di noi, fuori da noi, lontano da noi ci manipolano e non ci lasciano l’unica vera libertà che abbiamo: quella di scegliere.

Sulla scena si realizza una commistione tra l’antichità aulica della tragedia greca e la modernità quotidiana della commedia italiana: il meticciato o l’infusione tra i due generi è studiato a tavolino, per fare emergere il significato del Mito, cioè la dimensione di ricerca e di conoscenza dell’esperienza umana, che si mantiene sempre uguale a sé stessa anche nel decorso indeterminato del tempo, per stagioni, anni, secoli e millenni.
Il tema della Sociality – che tradurremmo in socievolezza e affabilità – è ricondotto, da parte di Antonella Capano, a quello della ricerca della felicità, che è l’autentico Mito plurimillenario del genere umano, in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, sempre affrontato da filosofi, religiosi, poeti, predicatori e capi popolo di ogni genere.
Il milieu in cui fiorisce ancora una volta tale mito dei miti è un duplice consesso familiare i cui componenti sono fra loro in attrazione e in frizione, con fasi reciproche di attaccamento e di repulsione. Sulle loro scelte di vita, quasi a modo di aruspice greco ovvero di oracolo di Delfi del Nosce te ipsum, incombe l’autorevolezza dell’Ombra, sia diabolica sia mediatica, cioè una sorta di voce aliena che potrebbe anche essere un Alter ego ovvero una chiave psicanalitica di bisticcio tra l’Es e il Super-io. Tale pluralità delle forme intelligibili non solo è possibile, ma è certamente studiata dalla scrittrice, che sa quanto la verità consista nella moltitudine delle soluzioni interpretative possibili.
Il testo teatrale di Antonella Capano è un dram­ma di vasta e profonda godibilità per il lettore, che viene affascinato sia dal brio e dalla scioltezza dei dialoghi sia dalla consistenza dei rimandi culturali che attingono alle origini dei nostri istinti e delle nostre costruzioni ideologiche.

Sandro Gros-Pietro

Peso 0,25 kg
Dimensioni 11 × 18 × 0,9 cm
Autore

Anno Edizione

Mese Edizione

Marzo

Collana

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