Prefazione

Il prolifico e ben noto autore di questa nuova silloge ci introduce subito nel suo vivissimo, modulato universo umano e poetico con il primo testo, che è insieme l’incipit e il chiarimento del titolo del libro stesso, Un sogno che sosta: “Da dove venimmo / là torneremo: questa / vita un sogno che sosta // tra acqua e vento”. Ecco, dunque, una prima equazione (meglio: similitudine, me­ta­fora) di cui ci viene dato il prezioso lume: vita=so­gno. La vita come sogno (e anche: la vita è sogno: così ci rammen­tava Calderòn de la Barca…). Qua, tuttavia, “un sogno che sosta tra acqua e vento”. Ecco, dunque, che il sogno si arricchisce, si innerva, ma anche si complica di/con realtà naturali come acqua e vento, elementi che introducono nella vita reale, fatta, certo, di sogni, ma anche di do­lori, di ricordi e rimpianti, di stupori, di domande e domande al tempo, a sé, a Dio, cui si volgono spesso, confidenti, il pensiero e i versi del poeta.
A questo punto dovrei citare a lungo molti versi tratti da questi numerosi testi. Far parlare l’autore non è – come potrebbe apparire – un facile espediente per esimersi dal compito esegetico/critico, bensì può rappresentare – ne sono convinta – una maniera importante per fornire al lettore stesso una possibile chiave di lettura. Dunque non mi esimerò dal citare versi che particolarmente mi hanno coinvolto, convinto, certo anche dal punto di vista formale, ché non si può mai prescindere dallo stile anche quando si tratta del contenuto di un’opera.
Ecco, dunque, una mini-antologia dell’intenso li­bro, offerta a chi si accinge a leggerlo. Dopo i versi iniziali così l’autore prosegue: “perdonami Signore / se a te vengo / con mani vuote” (da Con mani vuote); “… che solo a Dio solo ai morti / e ai poveri del mondo / appartiene l’amore” (da E continuo a cercare); “Da piccolo partivo ogni sera / e tutto vedevo / come se fosse giorno” (da Partenze); “Un giorno partii / per cercare qualcosa, / lo stesso giorno / partì la poesia / per cercare me. / C’incontrammo sotto una quercia” (da Sotto una quercia). Quest’ultima mi pare una dichiarazione fondamentale la poesia venuta, vista, vissuta come una persona che viene cercata e ci cerca. La poesia “personificata” o – meglio – cercata/cercante, nella precisione misteriosa (quasi miracolosa) di un incontro che è coincidenza esatta di modo e tempo. Il luogo dell’incontro? “Sotto una quercia”, ossia all’aperto, al cospetto della Natura, vivamente. Una vera e propria dichiarazione di poetica (e confessione di vita).
Proseguendo in questo excursus attraverso i testi ci imbattiamo ancora in testi/preghiere: “o Padre dei lupi // (…) o Signore delle stelle (…) // o Padre del nostro amore (…) // Signore dei nostri morti (…) // o Padre dell’amico del nemico” (da Come ogni sera). Subito dopo ecco un preciso autoritratto: “Somiglio al silenzio (…) // Vedo e non vedo, sento e non sento, / vivo e non vivo, / parlo e sto zitto” (da Somiglio al silenzio).
A questo punto, al tema biografia necessariamente si innesta il tema tempo, proprio in senso personale. Ecco che allora si leggono versi come questi: “Stagione di verità è la vecchiaia, / acqua che si separa dal sangue, / anima che sull’eterno galleggia” (da Stagione di verità). “Una volta vecchi / il tempo – come per miracolo – / svanisce. E non hai più bisogno / di contarlo: vive di pensieri” (da Una volta vecchi). C’è sempre il tema del ricordo, dei ricordi (un testo s’intitola proprio Alla casa del ricordo), il tema dell’amore (compare persino la rima “cuore-amore”). E viva appare la dialettica legata al tempo: “Quanto più il passo / diventa pesante / tanto più s’alleggerisce l’anima” (da Chiaro e buio). A proposito di “anima” si legga poi un testo davvero bellissimo: “L’anima secondo Andrea” (Andrea è stato un piccolo, meraviglioso alunno del maestro Rescigno): “L’anima / fiato di Dio / dentro di noi: / questa è la vita (…) / Così mi spiegava Andrea / scolaro di prima elementare / ultimo banco fila di centro”. Uno scolaro-“maestro”, dunque, per il maestro-poeta Rescigno. Che procede nel suo lucidissimo dire, nel suo talora malinconico, nostalgico canto, nel suo sentire intenso, nel suo pensiero dispiegato, nel suo poetare ricco d’amore, di ricerca, di verità, di dolore (“Sono le lacrime a scrivere le parole”); ricco di presenze amorose e fraterne (“Nomi nel silenzio”), ricco di animali, piante, totale Natura. E qui non posso fare a meno di citare ancora, da un altro significativo testo: “Dell’amore nessuno ha mai detto / è l’avventura / più bella della vita, specialmente quando s’inginocchia e piange / davanti agli ultimi del mondo” (da L’amore).
A questo punto, vorrei tentare di concludere (ma con una conclusione per così dire “aperta”) citando un paio di testi indispensabilmente dedicati proprio alla poesia. Si tratta di versi che pongo a pro memoria non tanto – e solo – per coloro che fanno versi, ma soprattutto per chi li legge, ne partecipa: “Segno sull’anima / tracciato da Dio / la poesia ha occhi / dove tu non vedi, / naso dove tu non odori, / orecchie dove tu non ascolti”; “I poeti dovete ascoltarli. / Da lampi di cuore / parte la loro parola.”
Ringraziamo vivamente l’autore, in un’empatica speranza e condivisione piena.

Mariella Bettarini

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