Brandisio Andolfi nasce a Casale di Carinola nel 1931; fin da bambino vive a Sessa Aurunca, dove studia al rinomato Liceo-Ginnasio “Agostino Nifo”. Si laurea in Lettere Moderne presso l’Università “Federico II” e insegna nelle Scuole Secondarie di Stato. Si trasferisce a Caserta e qui continua la sua attività di docente, poeta, scrittore e saggista. Ha pubblicato 17 libri di poesie: Riflusso, 1985; Nel mio tempo, 1986; Oltre la vita, 1988; Ai limiti del silenzio, 1990; Sulla fuga del tempo, 1991; La voce dei giorni, 1992; Aprire la finestra, 1993; Come zampilla l’acqua, 1995; Il diario della sera, 1996; Alberi curvi d’acqua, 1997; Il mondo è la parola, 1998; Dentro la tua presenza, 1999; Dettati dell’anima (poesie 2000-2004), 2005; Ricordi e Riflessioni, 2007; Alla donna, 2008; La voce dei giorni, 2012; Nel tempo del giorno e della notte (Bastogi Libri Roma); Poesie per caso, 2013, Ed. Convivio; Intime Annotazioni n. 1, 2015, Ed. Convivio (CT).
Saggi critici: Un opuscolo critico-analitico su Vincenzo Rossi, 1998; Un altro su Gaetano Andrisani Poeta, 2000; Su Rudy De Cadaval, 2005; Una vita storicizzata su Muzio Attendolo Sforza. Un condottiero alla corte Giovanna II di Napoli, 2001, Bastogi Foggia; e “Tre umanisti campani: Giannantonio Campano, Elisio Calenzio, Luigi Tansillo”, Bastogi Libri Roma, 2015.
Ha pubblicato un libro di memorie personali e storiche dal titolo I luoghi della memoria. Usi, costumi, tradizioni e ricordi di guerra a Sessa Aurunca 1930-1970, 2005 – Corrado Zano, Sessa Aurunca. Ha pubblicato centinaia di recensioni e analisi critiche scritte su poeti e scrittori contemporanei, raccolte in Letture critiche, Volume I, Bastogi Foggia 2010.
Hanno parlato di lui e della sua attività letteraria molti critici Vincenzo Rossi, Orazio Tanelli, Giorgio Bárberi Squarotti, Silvano Demarchi, Giuseppe Giacalone, Paolo Valesio, Ferdinando Alfonsi, Rudy De Cadaval, Veniero Scarselli, Nicola Napoletano, Giuseppe Napoletano, Francesco De Napoli, Dante Cerilli e tanti altri ancora. Antonio Crecchia ha scritto un’ampia interessante monografia critico-bio-bibliografica sulla sua produzione letteraria e la poetica dal titolo La dimensione estetica di Brandisio Andolfi, Termoli 1994; Leonardo Selvaggi, Una voce poetica dei nostri giorni, Termoli 1999; e Brandisio Andolfi cantore dei nostri tempi, Salerno Edizioni Cronache Italiane 2003. Uno scritto Analisi critico-stilistico formale di alcune poesie scelte elaborato dagli alunni del Liceo Scientifico Statale “Aeclanum” e Liceo Classico annesso: curatrice e coordinatrice Professoressa Luisa Martiniello, Mirabella Eclano (AV), 17 maggio 2007; Gabriella Frenna, L’anima lirica e storica di Brandisio Andolfi, Palermo 2007, AA. VV. Brandisio Andolfi. Nel giudizio della critica, di Antonio Crecchia, Bastogi Libri Roma 2014. Collabora a riviste nazionali e internazionali quali: La nuova tribuna letteraria, Punto di Vista, Paideia, Il Ponte Italo-Americano, Latmag, La gazzetta di Bolzano, Sentieri Molisani, La fonte di Caserta, Sìlarus, Le Muse-Pignataro Maggiore di Caserta, Vernice di Torino ed altre.
È inserito in molte Antologie e studi critico-letterari; tra le altre nella collana Letture Critiche di Vincenzo Rossi e in quella de L’altro Novecento di Vittoriano Esposito, Bastogi Foggia. È presente nella pubblicazione International Who’s Who in Poetry and Poets’ Encyclopedia a cura di International Biographical Centre di Cambridge (Regno Unito); riviste e vari periodici di Cultura Letteraria. Ha avuto diversi riconoscimenti culturali e più di un centinaio di Premi Letterari. Benemerito della Cultura: Libero de Libero, Arpino (Fr); Gran Premio Histonium-Città di Vasto (CH); Progetto Athanor, L’Aquila-Roma, Premio Giosuè Carducci-Arte e Cultura-Roma; Premio Aeclanum 2007 e Mirabella Eclano 2012, Vininversi-Castelvenere Benevento 2012, Primo Premio Millesimo (SV) 2014.
Si è compiaciuto della sua poesia religiosa sua Santità Giovanni Paolo II. Ha avuto rapporti epistolari e letterari con poeti francesi, spagnoli, portoghesi, brasiliani e, in particolare, col poeta inglese Peter Russell, del quale ha relazionato molte opere con scritti critici.
È morto nel febbraio 2022.
ALBERI CURVI D’ACQUA*
Dalla collina alla pianura
una coltre liquida e fangosa
copre ogni vita e le sue orme.
Subito è rovina e morte.
Le acque alte scavalcano i fossi,
rompono gli argini dei fiumi, delle strade
e con la forza invisibile della furia
travolgono l’uomo e le sue opere.
Scompaiono d’un tratto i sogni
delle spose e delle madri.
La speranza si veste a lutto.
Si distendono pesanti sopra il dolore
le ombre della notte alluvionale:
schiacciano i cuori degli uccelli,
d’ogni animale, d’ogni armento.
Annegano Bacco, le colture,
il pensiero del Vate delle Langhe.
Un triste addio alle finestre
scorre sopra alberi curvi d’acqua,
si perde in fondo all’orizzonte
dove occhieggia una luce di speranza
per l’uomo solo sull’uscio dell’attesa.
Che forse la Natura è matrigna
ed il figlio bastardo e violento?
* Per l’alluvione del Novembre 1994 in Piemonte.
SE CANTO ANCORA
Se canto ancora dei tempi andati
non datemi del “matto”,
perché non vedo alcun vate accordare la lira
sulle aspre vicende dei tempi che vanno.
Si è fatto più aperto il solco
tracciato dal ferro del potente
sul terreno che accoglie arido
semi d’ingiustizia e di violenza;
più incolto il giardino, dove rigogliosi
prosperano solo il rovo e l’ortica.
Più non vegetano lucenti i prati nei campi
fustigati dai venti soffocanti delle ciminiere;
né più il fico e la vite gareggiano
d’ombra fresca di foglie col sole d’estate.
E chi ti canta felice, o dolce mia terra,
se non si vede venire più l’uomo
lento al passo dell’antico bove che, raro,
scende dalla collina vestita di croco
a sfidare col vapore delle nari
il puzzo pestifero del rombante trattore?
C’è forse della macchina un cantore?
Sarebbe egli il vero matto.
Sempre più si è allontanato dalla “età dell’oro”
l’uomo che ha sperato di raggiungerla
col ferro ed il motore in siderali luoghi.
A me piace viaggiare sulle ali del cuore
dentro un cielo di quiete che sovrasta
sereno campi di grano e di ulivo,
ascoltare nel vento nuovi canti
farsi sempre più umani per un mondo in armonia.
AL POETA NON FA RIMA IL VERSO
Ai margini della speranza decantata
grida la disperazione bosniaca
il soldato armato d’inquietudine
per una guerra insensata.
Un boato squarcia inatteso
un muro di silenzio innalzato
sul cuore della gente impietrita
nell’attesa d’una pace che mai giunge.
Pennacchi di fumo letale
alluttano monti e paesi solitari;
un requiem diabolico, infernale
serpeggia sulle bocche dei profughi
che vanno piegati come alberi
curvi d’acqua dopo un temporale.
Un infinito correre di parole
aliena pacifisti e guerrafondai
incatenati alle decisioni dei potenti
assisi attorno a scacchiere di morte.
Al poeta non fa rima il verso
con la parola Pace, giacché
non tace il grido di dolore
innalzato sopra un mondo
straziato e senza Luce.
INCONTRO
LEI arriva in una Panda bianca,
parcheggia in un angolo e attende;
LUI arriva in un’Alfa fiammante,
l’abborda invitandola.
Di “prima”, liberi, si dileguano
veloci nel traffico.
Si è già in “quarta”.
Nessuno può raggiungerli
mentre felici corrono
sulle ali di Cupìdo.
È amore di una sera d’estate;
amore breve, già finito mentre scrivo.
LEI una Venere bionda, elegante;
LUI un Adone bruno, molto galante.
Forse uno sguardo furtivo,
forse un sorriso improvviso li attrae
sulla spiaggia-galeotto d’estate.
E passione infiammante che dura una sera.
Nessuno dei due ha tradito la vera,
se un lampo d’amore li ha colti
nell’incontro amanti sinceri.
La notte è di stelle pulite di vento;
è di quiete profonda.
FIGLIO DEL NOVECENTO
Sono anch’io uno dei figli del Novecento
che “per venire dai casali in città passavano
a piedi nudi per antichi tratturi d’asino e volpi”.
Ma mi pascevo d’aria salubre e di sole,
d’amore familiare, di gioia pura, sincera,
come l’acqua che s’attingeva alle polle sorgive
nascoste tra le felci verdi e le fragole fragranti
che ornavano i boschi, sacri custodi dei silenzi
cari a Pan solare e agli Elfi figli della luna.
Poi venne il rombo ferreo, la maligna bomba che
ogni cosa distrusse, ogni essere vivente bruciò.
S’incupirono i cuori e l’anima umana sprofondò
negli Inferi del male tra le braccia della violenza.
Ma tacito il Bene covò la libertà futura.
E crebbi al sole della vita rinnovata
vestito di ricchezza e di progresso sognati
e voluti dall’uomo nuovo: superbo Icaro interplanetario,
rinnovellato d’animo e di mente con le idee
e le parole degli spiriti moderni.
E vissi illuso gli anni del benessere, i tempi
del terrorismo cresciuti sulle miserie dei popoli
senza Dio, ingannati dai risorti tiranni della guerra.
Eppur crollò il muro indistruttibile che
ancora separava genti e ideologie;
si riaccese la fiaccola della pace, che i padri
secretamente avevano tenuto custodita nel tempio
della Fede e che un santo tedòforo porterà
sul tripode del Duemila. Sulla sua soglia
affido a voi le mie speranze, costruttori dell’avvenire,
giacché con me pure il Novecento può morire;
rinnovellati, è speranza, i principi solidali della vita!
ELOGIO ALL’UMBRIA
Umbria, domani e sempre ti vedranno bella
di spirito, di fede, d’arte e di cultura;
ti esalteranno per il tuo amore d’ingegno e di fattura.
Ed ecco Terni con i ferrosi opifici del tecnico progresso,
più in là le Marmore precìpite per il muschioso balzo;
ancora più su la benedetta Norcia, la rosata Cascia.
Quante fonti segrete scaturiscono dal prodigo suolo
lo dicono le acque salutari di San Gemini, le altre pure.
O le cristalline del Clitunno di Carducci vate,
le digestive “Angeliche ”di Nocera Umbra,
le limpide e gelide della “Sorgente ”presso Tadino!
Pulsano nel tuo “cuore verde ”sentimenti francescani
persino in pievi sperdute fra valli e radure.
Grandeggia l’affrescata Assisi dell’opera di Giotto
e Cimabue: città due volte santa per Francesco e Clara.
Ecco la Perugia “Augusta ”per Papi e Imperatori;
la vivibile Todi del famoso Fra Jacopone;
la presepiale Gubbio dei Quaranta Martiri.
(Dov’erano gli arcieri nobili del Calendimaggio?).
O l’ubertosa Umbertide, la libraia Città di Castello
tra i forti manieri di Braccio da Montone e di Ranieri.
Non si dimentichi Marsciano turrita patria di cavalieri:
dal condottiere Attendolo che qui originò Ducati e Signorie.
Ci affascina, Umbria, la tua Spoleto dei “due Mondi”;
Orvieto-Cattedrale con l’Inferno di Signorelli;
Deruta “città della ceramica ”famosa più di Gualdo
e la sua strega “Bastula ”sempre in guerra;
Foligno “centro del mondo”, non per il fattaccio immondo;
la bacchica Torgiano col suo Museo e il vino Lungarotti;
l’ariosa Fossalto di Vico al bivio della Storia;
la boscosa Pietrolunga, verde refrigerio estivo;
Montefalco “terrazza dell’Umbria ”sopra il lavoro umano.
Vegliano i Romani morti sulle sponde del Trasimeno
che specchia perle d’isole: Maggiore, Minore, Polvése.
Custodisci, Umbria, dipinti di Sommi Artisti dovunque:
del panicale Masaccio, del grande Perugino,
dei Lippi, dei Nelli, di Raffaello e Raffaellino,
del divino Pinturicchio con i suoi capolavori in Spello.
Umbria, tu quiete e pace dai alla stressata vita
di chi in te sosta in qualsivoglia ostello.
(da Alberi curvi d’acqua, Bastogi, 1997)
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